Una tormentata dichiarazione di amore verso il nostro Paese, raccontata con le parole e la musica di Luciano Ligabue nel film Made in Italy, prodotto da Domenico Procacci e interpretato da Stefano Accorsi, Kasia Smutniak con un nutrito gruppo di bravi attori, che Medusa porta dal 25 gennaio su oltre 400 schermi.
Un film sentimentale, sulla paura del cambiamento, sugli stati d’animo di persone perbene, come Riko, un onesto operaio di un salumificio della provincia emiliana, disorientato di fronte a una vita in cui tutto sembra diventato improvvisamente precario: il lavoro, il futuro, i sentimenti. Come sua moglie Sara, disillusa e inaridita da un matrimonio logorato dalla routine cui però resta tenacemente avvinghiata.
l’ispirazione per personaggi e argomenti gli è venuta, racconta Ligabue presentando il film a Roma, in buona parte da alcuni suoi amici storici che in materia di ingiustizia fiscale, spostamenti in avanti di pensione e licenziamenti ne sanno certamente più di lui, acclamata e inossidabile star internazionale. Una storia che ha creduto valesse la pena raccontare, in primo luogo attraverso una serie di canzoni che hanno preso vita in un concept album poi diventato una sceneggiatura e infine un film in cui le stesse canzoni tornano per accompagnare alcune scene. Ben scelte, ma non sufficienti a colmare le lacune di azioni e dialoghi prevedibili, banali, che non scatenano emozioni, malgrado la bravura di tutto il cast.
Sedici anni dopo Radio Freccia è l’Italia ora a vivere un’incertezza pesante. “Racconto il mio amore per questo Paese che non viene meno malgrado le frustrazioni per i problemi irrisolti – spiega -. Siamo rassegnati al suo malfunzionamento, assuefatti alle sue bellezze”.
Rispetto al disco dove è appena accennata, nel film ha dato corpo alla figura di Sara, una tosta, che sbaglia, che reclama la vita che vorrebbe. Per Kasia è stata dura calarsi nei suoi panni. “Mi è piaciuta la sua forza, tipica delle donne coi piedi per terra, che sanno prendere decisioni importanti senza paura” racconta l’attrice polacca. “Nella vita di Riko non c’è nulla di eclatante – racconta Accorsi -, è il suo modo di cambiare punto di vista che lo rigenera. Nei personaggi c’è tanta verità, la storia è maturata dentro Luciano da tanto tempo, è il film della sua vita”.
“Volevo dar voce ai miei amici, persone che non prevaricano, e per questo non ce l’hanno – puntualizza l’autore -. Non è un’analisi sociale ma un ritratto specifico più che generazionale, la provincia resta il mio raggio d’azione”.
L’unico guizzo di originalità la dà all’inizio del film il coreografo Luca Tommassini che,
abbigliato Accorsi con abiti sgargianti alla Tony Manero, lo fa ballare davanti a una gigantesca mortadella.