Un cantiere senza fine per costruire giorno e notte una strampalata magione di sette piani. Un dedalo inestricabile su cui si aprono 500 stanze, 2000 porte, 10.000 finestre, 47 caminetti, scale che non portano a nulla, vetrate con inquietanti decorazioni, destinato a dimora per le anime assetate di vendetta, delle milioni di vittime delle più famose armi da fuoco americane. A volerla tenacemente La Vedova Winchester, che dà nome e storia al thriller soprannaturale ambientato alla fine dell’800, diretto dai giovani maestri dell’horror Michael e Peter Spierig e interpretato dal premio Oscar Helen Mirren, che Eagle Pictures porterà su 250 schermi dal 22 febbraio.
La gentil dama britannica, per la prima volta protagonista di una ghost story, a Roma per presentare il film, dichiara di non credere ai fantasmi, spiegando il perché, pronta a sottoporsi con un sorriso al fuoco di fila delle domande dei giornalisti. Nella storia invece la vediamo autoreclusa nel suo assurdo castello, sempre triste, velata e in gramaglie, ossessionata dalle anime dei morte, poco propensa a dar confidenza. Anche al noto psichiatra (Jason Clarke) mandato a valutare il suo stato mentale dalla ditta di fucili di cui porta il nome e detiene la maggioranza, dilapidandone il cospicuo capitale in quella costosissima, inquietante Winchester House.
Signora Mirren, che rapporto ha con l’aldilà?
“Non credo nei fantasmi non avendoli mai visti, ma credo nel grande potere dell’immaginazione umana, del credere, il cervello ha potenzialità ancora tutte da scoprire. Il film è ispirato a una storia vera, intorno alla schiva Sarah Winchester erano sorte tante leggende, qui si mischia verità e fantasia.
Cosa l’ha spinta ad accettare questo insolito ruolo?
“Non penso sia un film horror, non mi piacciono, ma un classico film di fantasmi, che invece amo. Ho accettato perché mi piace lavorare con i giovani registi, hanno un’energia particolare. Mi è piaciuta la storia, basata su eventi veri. Sono andata a San Jose a vedere la casa, quello che ne è rimasto dopo il terremoto di San Francisco, è davvero impressionante, sembra una casa di bambola infinita, ti senti persa”.
Chi era Sarah Winchester?
“Di lei si sa poco, si era ritirata dalla vita come la regina Vittoria dopo la morte del marito e non era mai uscita dal lutto. Aveva una grande energia creativa che ha riversato nella casa. Era affascinante entrare in quel ruolo ma per quanto cercassi di andare in profondità era difficile capire la sua psiche fino in fondo, una sensazione frustrante”.
Un film di puro intrattenimento, ma anche un duro attacco al superpotere delle armi sulla vita umana
“Ne siamo tutti un po’ responsabili, non bisogna puntare il dito solo sugli Stati Uniti, anche se lì c’è una cultura delle armi molto forte e per me ingiustificabile. Tutti i paesi, compreso il mio, costruiscono armi per venderle ai signori della guerra guadagnando grosse somme di denaro, dovrebbero essere consapevoli di ciò che provocano, sono tutti colpevoli. Le bombe che recentemente hanno colpito bambini nello Yemen erano di fabbricazione italiana”.
Crede che la pazzia sia pericolosa?
“Mi piacciono le persone folli, sono divertenti, non credo siano pericolose, mi fanno paura invece i tipi calcolatori, venali, manipolatori”.
Cosa pensa della recente rivoluzione delle donne?
“La cultura cambia lentamente, ci vuole almeno una generazione, dobbiamo chiederci perché ci voglia tanto. Fino a duecento anni fa le donne non avevano voce, ora sono come un’eruzione vulcanica, il magma sta scendendo a valle, è meglio scansarsi”.