A quarant’anni dalla nascita la celebre opera Rock torna a teatro
Venti scatenati ballerini, Maria Maddalena in rosso con la voce jazzata di Simona Bencini dei Dirotta su Cuba. Giuda con il volto corrucciato del trionfatore di X-Factor Matteo Becucci. E ancora Ponzio Pilato con l’inconfondibile voce di Mario Venuti e il barbuto Gesù di Paride Acacia. Jesus Christ Superstar, l’opera Rock per eccellenza, compie quarant’anni e torna in Italia nella nuova versione, rigorosamente in lingua originale, che Massimo Romeo Piparo dedica ai martiri del nostro tempo, prima di tutti Falcone e Borsellino. Forse il musical più famoso nel mondo, di certo il più ardito quando nel 1970 Andrew Lloyd Webber e Tim Rice osarono narrare in chiave rock-hippie l’ultima settimana di Cristo in terra, Jesus Christ ha debuttato più volte sui nostri palcoscenici. Per Piparo stesso è un ritorno, a quindici anni dalla versione da più di un milione di spettatori, l’unica al mondo ad avere ottenuto un riconoscimento ufficiale dalla Santa Sede in occasione del Giubileo dell’Anno 2000 quando ad interpretare il ruolo di Giuda c’era Carl Anderson, il leggendario protagonista del celebre film di Norman Jewison del 1973.
E proprio in ricordo di questo straordinario artista, a cinque anni dalla sua prematura scomparsa, sarà presentato nei teatri che ospitano lo spettacolo So Long Judas, un docu-film ricco di brani inediti, immagini e interviste esclusive, come il live che l’artista tenne a Roma, a Villa Celimontana. Il nuovo allestimento, dopo tre anteprime estive in Sicilia (il 31 luglio e 1 agosto a Tindari, il 3-4 agosto a Palermo e il 5 a Gela), sarà al Sistina di Roma (19 ottobre-14 novembre), allo Smeraldo di Milano (16-28 novembre) e in una lunga tournee che comprenderà Gela, Bari, Jesi, Rimini, Assisi, Lugano, Bergamo, Torino, Genova, Bologna, Padova, Ascoli, Firenze, Brindisi, Cosenza, Messina, Catania e Catanzaro. «L’Italia è pronta alla sfida internazionale dei musical con performer che ballano, cantano e recitano» commenta Piparo.
Per lui i protagonisti assoluti sono la musica (con orchestra in scena) e il messaggio laico del testo. «La prima idea è stata quella di provare a portare ‘veri’ cantanti in teatro» spiega il regista, che per Erode è riuscito ad arruolare anche Max Gazzè, ma solo nelle date romane. Tra versi del Vangelo proiettati in video e una coloratissima scena del tempio sulla tradizione del teatro-circo, è ai martiri del nostro tempo che il regista, come già quindici anni fa, dedica la scena più intensa, quando scandite dalle trentanove frustate inferte a Cristo altrettante immagini su un maxischermo ci ricordano i nostri delitti peggiori: le vittime dell’Olocausto, Malcom X, Gandhi, i soldati in Iraq e Afghanistan. L’ultima è per i giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. «Sono loro l’ultima immagine che volevo lasciare al pubblico – sottolinea Piparo -, a distanza di duemila anni si continua a mandare al martirio chi professa idee di libertà. Da siciliano, e da italiano che ogni tanto vorrebbe alzare la testa, dico: parliamo di quel che è accaduto e facciamo di tutto perché la luce su quella strage non si spenga».