Il regista, reduce da Nassiriya, racconta la guerra dalla parte dei civili
“Siamo a due passi dal monumento al milite ignoto e vorrei che il mio film 20 Sigarette diventasse il monumento al civile ignoto”. Lo dice convinto ed emozionato Aureliano Amadei, unico sopravvissuto civile della strage di Nassiriya. Su quella tragica esperienza, che lo ha segnato nell’animo e nel corpo (cammina ancora col bastone), ha scritto un libro dal quale ha poi tratto l’omonimo film autobiografico, che ha vinto al Festival di Venezia nella sezione Controcampo Italiano. E che lui dedica a tutti quei “civili ignoti” morti in tante guerre assurde, come il bambino che gli è stato incollato addosso durante la disperata corsa all’ospedale di Nassiriya dopo l’attentato.
Il sindacato dei giornalisti di cinema gli ha conferito il Premio Pasinetti perché, si legge nel comunicato, “Tra memoria e cronaca, con un regista al debutto e un cast interessante, il film riapre senza retorica una pagina drammatica della nostra storia recente, esaltando anche l’impegno di tutte le persone che rischiano la vita (e come Stefano Rolla, l’hanno persa) per fare cinema e informazione nelle zone di guerra”. Con Amadei sono stati premiati gli interpreti Carolina Crescentini, Giorgio Colangeli, Vinicio Marchioni, i produttori Tilde Corsi, Gianni Romoli e Claudio Bonivento, il coproduttore Rai Cinema e il distributore Istituto Luce.
Pensando alla recente scomparsa del capitano Alessandro Romani, ucciso in Afghanistan, Amadei ha sottolineato: “Si continua a fare lo stesso errore, si presentano gli esseri umani come figurine. Con il mio film ho cercato di aprire una breccia in questo atteggiamento”. “Aureliano è riuscito a realizzare un progetto rischioso – commenta Colangeli, che a novembre girerà Qualche Nuvola, opera prima di Saverio Di Biagio -. Questo film ha saputo raccontare in maniera emozionante un fatto drammatico che è stato al centro dell’attenzione dei media. Aureliano ha galvanizzato la troupe, era un esordiente ma già col piglio del condottiero, come un cinematografaro navigato”. E un po’ lo è davvero, visto che suo nonno, il truccatore dei divi Gianni Amadei, lo portava sul set fin da piccolo: “E a cinque anni mi ha fatto fare pure l’attore”, ricorda con affetto Aureliano.
“La gestazione di questo film è stata lunga – racconta il produttore Gianni Romoli – ma siamo sempre stati dalla parte della ragione. Il film ti commuove, diverte, ti sorprende”. “Abbiamo creduto subito tutti nella regia di Aureliano – gli fa eco Bonivento, che aggiunge ironico – una volta tanto le istituzioni non andavano prese a schiaffoni, e noi non ce le abbiamo prese”. “Il film segna il vero esordio nel cinema di Vinicio Marchioni – lo elogia Tilde Corsi -, la sua interpretazione è tanto piaciuta anche al Presidente Napolitano”. “Ogni volta che presentiamo il film siamo emozionati – spiega Carolina Crescentini -, c’è uno scambio umano molto forte tra noi e il pubblico”.