Mariam Al Ferjani, giovane regista e attrice tunisina residente in Italia, i guasti di una burocrazia sorda ai sentimenti e alla dignità umana l’ha provata sulla sua pelle. Non essendole riconosciuta la laurea in cinematografia conseguita nel nostro paese, rischia l’espulsione dall’Italia perché il suo permesso di soggiorno per motivi di studio non le è stato confermato. Le è piombata in casa la polizia intimandole di mollare tutto entro dieci giorni, è ricorsa in appello vincendo il primo grado, ma ora l’attende a settembre un secondo giudizio, e si vedrà. Sembrerebbe poca cosa se paragonata all’orribile vicenda da lei interpretata nel film La bella e le bestie, diretto da Kaouther Ben Hania, presentato al Festival del Cinema Africano di Roma e nelle sale dal 26 luglio grazie a Kitchenfilm.
La storia prende spunto da un fatto vero accaduto nel 2012, protagonista una giovane che dopo una festa tra universitari viene stuprata da un manipolo di poliziotti. Profondamente provata ma determinata a farsi giustizia la vediamo vagare, sorretta e spronata da un amico testimone dei fatti, tra ospedali sordi al suo strazio che rifiutano di visitarla per accertare i fatti e stazioni di polizia che tentano con ogni mezzo di insabbiare le malefatte dei colleghi, in un crescendo di violenza psicologica, verbale e fisica. Storie che purtroppo echeggiano sovente anche dalle nostre cronache, in cui vengono bollati come “mele marce” i protagonisti in divisa di questi scempi su vittime inermi, non solo donne.
Un film sui diktat delle istituzioni , durissimo, claustrofobico, bellissimo e importante perché, prendendo spunto dallo stupro, denuncia senza mezzi termini il malfunzionamento della pubblica amministrazione, gli orribili comportamenti burocratici e l’umana cecità di certo personale ospedaliero, la solidarietà all’interno delle forze di polizia, che si riscontrano non soltanto in Tunisia. La regista gioca sui piani sequenza per dare alla recitazione della protagonista tutti gli elementi di tensione che catapultano lo spettatore in tempo reale nella sua dolorante realtà, riuscendo a dare il massimo risalto alla manifestazione di denigrazione, disprezzo e indifferenza verso l’altro che sottolinea la ‘normalizzazione del male’, in tutto il mondo. Un film che parla molto anche agli uomini, non solo tunisini.
“Quello che succede oggi in Italia può considerarsi una specie di esercizio per tutti quelli che credono nella libertà – commenta Mariam presentando il film-. Sta uscendo lo sporco nascosto, e forse così si potrà pulire”.