Il destino della commedia italiana è ora in mano a Netflix. Il colosso californiano della distribuzione via Internet e ora anche produttore di film e serie televisive, ridà fiato a un prodotto che ormai fatica a raccogliere pubblico nelle semideserte sale. Natale a 5 stelle, l’ultimo cinepanettone targato Vanzina, affidato alla regia di Marco Risi dopo la scomparsa di Carlo alla cui memoria il film è dedicato, non vedrà affatto il grande schermo, approdando direttamente in tv il 7 dicembre a esclusivo vantaggio degli abbonati della megapiattaforma digitale visibile in oltre 180 Paesi nel mondo.
Chissà come accoglieranno gli spettatori d’oltrefrontiera questa farsa per noi trita e ritrita che mette in luce vizi e lacune della classe politica italiana, in questo caso quella attualmente governante (evocata già nel titolo del film), con il solito intreccio di corna, belle gnocche, equivoci scontati, finale a tarallucci e vino.
La trovata geniale nella trasposizione della commedia teatrale di Ray Cooney, purtroppo mal riuscita, doveva essere che i nostri sgangherati politici gialloverdi venissero rappresentati quasi coi loro veri nomi e cognomi, a cominciare dal premier interpretato da un sempre bravo Massimo Ghini, che un po’ gli somiglia anche fisicamente e alla presentazione alla stampa romana ne imita alla perfezione voce, modo di parlare e strafalcioni e nel film viene sollecitato al telefonino per metter pace tra i litigiosi Matteo e Gigino.
Premier, portaborse (Ricky Memphis), onorevole dell’opposizione (Martina Stella) pronta a infilarsi nel letto del presidente, con codazzo di dirigenti scrocconi, arrivano a Budapest per un incontro formale coi leader locali che per i nostri è più che altro una vacanza di lusso gratuita, da consumare nelle suite a cinque stelle tra sesso, ostriche e champagne. Subodorando il tradimento, il marito della pidiessina (Massimo Ciavarro) li fa seguire da un inviato de Le Iene (Riccardo Rossi) pronto a filmarli e sputtanarli ma messo ko da una finestra-ghigliottina. Non manca l’arrivo a sorpresa della consorte del presidente (Paola Minaccioni), che però finisce a letto col suo portaborse. Il tutto sotto l’occhio furbetto dell’ avido cameriere napoletano (Biagio Izzo) pronto a tendere la mano per tener chiusa la bocca. Insomma, un guazzabuglio di gag prevedibili e stantie che non rendono giustizia ai bravi attori protagonisti.
L’immagine della nostra martoriata Italia ancora una volta dipinta coi soliti luoghi comuni, tipo corna, tette e culi, pizza e mandolini, che forse farà ridere gli stranieri abbonati a Netflix, ma che a noi italiani, ormai semi digiuni di prodotti cinematografici degni del grande schermo, sfiniti dai dibattiti televisivi sulle fragilità dei nostri governanti, suscita solo noia e rabbia.