“Questo film va masticato e digerito prima di giudicarlo”. Concordiamo con Matt Dillon protagonista del denso, sconcertante thriller La casa di Jack, diretto dal danese Lars Von Trier, che l’attore statunitense ha presentato a Roma proprio nel giorno del suo 55esimo compleanno e che Videa porterà su 120 schermi dal 28 febbraio, vietato ai minorenni anche nella versione edulcorata.
Un angosciante, infernale viaggio che lo psicopatico artista fallito e feroce serial killer Jack affronta accompagnato da Virgilio, voce off camera della sua disturbata coscienza, ultima interpretazione dell’attore svizzero Bruno Ganz da poco scomparso che Dillon ha ricordato con affetto e commozione.
L’apparente normalità del protagonista nasconde un terribile disturbo ossessivo compulsivo della personalità. E’stato difficile interpretarlo?
La sceneggiatura era molto interessante ma ho avuto molti dubbi prima di accettare, il personaggio mi spaventava, certe scene erano durissime da girare, temevo di perdermi in quel ruolo, ma sono riuscito a mantenerne le distanze.
Chi è Jack?
Un misantropo privo di coscienza, di empatia, per interpretarlo ho dovuto spegnere queste parti di me, soprattutto nelle scene più crude. Confessa di essere un assassino perché vuole disperatamente essere fermato ma fino alla fine non è creduto.
Come si è trovato a lavorare con Von Trier?
Il film tratta il tema della psicopatia in maniera diversa dal solito, sapevo che lavorare con Lars sarebbe stata una bellissima sfida, non fai prove, ti costringe a rinunciare alle tue idee su come recitare, se ti fidi di lui devi rischiare e il rischio di fallire ti fa esprimere il meglio di te. Mi ha confessato che Jack è il personaggio più vicino a lui, a parte l’ammazzare la gente. Ganz vide il film prima di me e mi disse che sarei stato orgoglioso della mia recitazione.
Vieterebbe il film ai ragazzi?
Sono contrario alla censura anche se qui ci sono scene anche molto dure. Ma in televisione vedi cose tremende, anche più brutali di quelle del film. La violenza, secondo Lars, deve disturbare. Nel finale c’è un viaggio metaforico all’inferno, Virgilio guida Jack fino in fondo per vedere persone peggiori di lui, nella loro conversazione c’è una forte morale.