E finalmente arrivò Pinocchio, attesissima rivisitazione del capolavoro collodiano ad opera di Matteo Garrone, che 01 porterà dal 19 dicembre su oltre seicento schermi. Un sogno che il regista coltivava da anni e che ha tradotto in un impegnativo film, condito di ironia e qualche sprazzo di comicità. Stupefacente la fotografia, che avvolge di magia le immagini rendendone accettabile anche la cupezza.
Un ottimo Roberto Benigni rende dignitosa la miseria umana di Geppetto, strafelice di esser diventato babbo, anche se solo di un legnoso e irresponsabile burattino. Piacevolmente sorprendente la prova recitativa, finalmente seria, di Massimo Ceccherini, nei panni dell’avida Volpe e come “suggeritore” del regista nell’inserire qualche gag divertente nella fosca sceneggiatura della notissima vicenda. Troppo “legnosa” la prima prova d’attore di Federico Ielapi, torturato da quotidiane ore di trucco per trasformarlo in un credibile Pinocchio. Sprecato il talento di un grande come Proietti, irriconoscibile nello sbrigativo ruolo di Mangiafuoco, di Rocco Papaleo, balbettante e poco incisivo Gatto, non registrata l’eventuale bravura dell’etera Marine Vacth tra i veli dell’inespressiva fatina.
Un film grottesco, assolutamente inadatto ai bambini. Confezione magnifica, lussuosa, grazie alla fotografia di Nikolaj Bruel, ma emozioni zero. Incredibile per un artista come Garrone che finora ha scavato fino in fondo nell’animo del pubblico con tutte le sue storie: fantastiche, crude, crudeli. Anche gli effetti speciali, di tutto rispetto, ma non stupefacenti come quelli realizzati per Il racconto dei racconti.