Mike Nichols regista che in più di un’opera, da Il laureato (1967) a Conoscenza carnale (1971), ha dimostrato notevoli capacità di approfondimento dei rapporti uomo-donna, riadatta per il cinema la commedia teatrale di Patrick Marber, presentata per la prima volta a Londra nel 1997 e vincitrice del London Critics’ Circle Award e del Lawrence Olivier/BBC Award. Dan (Jude Law) è un aspirante romanziere che si guadagna da vivere scrivendo annunci mortuari. Mentre intrattiene una relazione con Alice (Natalie Portman), conosce una fotografa di successo, Anna (Julia Roberts), di cui si innamora. Quest’ultima, pur continuando ad avere rapporti clandestini con lui, decide di sposare il dermatologo Larry (Clive Owen), conosciuto per un bizzarro scherzo del destino. Due degli attori più sopravvalutati della Mecca del cinema, interpretano questa pellicola che, senza pudori ed ipocrisie, penetra (o almeno vorrebbe farlo) nei lati più oscuri del moderno (???) rapporto di coppia, raggiungendo perfino le perversioni più nascoste. Un Dan cinico e traditore, ma che piange quando perde l’amore della compagna, diviene uno strumento nelle mani di Nichols che riesce ad inscenare la serie d’intrecci che legano le due coppie, all’interno delle quali nessuno risulta essere un elemento pienamente positivo.
Con i suoi quattro protagonisti lo stile di Nichols ricorda molto quello delle produzioni teatrali. Il suo film tuttavia, introducendo sin dall’inizio il solito universo narcisista hollywoodiano, dove sembra che solo tutti coloro che vengono definiti belli e perfetti possano concedersi il “lusso” del sesso, all’avvio poteva anche risultare interessante, ma a lungo andare assume i connotati di una interminabile masturbazione mentale (e non solo), nella quale a regnare sono esclusivamente dialoghi caratterizzati da alto tasso di volgarità e crudezza, in cui, tra ironia al vetriolo, casualità e gelosie, non si parla altro che di eccitazione, prestazioni sessuali, sperma e derivati. Va bene che tutto ciò è necessario per conferire maggior realismo alle diverse situazioni, ma siamo così sicuri che i fidanzati e gli sposati del nuovo millennio pensino solo al tradimento e a trovare chi li fa godere di più a letto? Come se non bastasse, quell’insignificante finale che tenta inutilmente la carta della poesia e del romanticismo, testimonia più di ogni altro elemento che l’ottimo Nichols questa volta non abbia saputo proprio dove andare a parare. E pensare che secondo una sua dichiarazione: «Closer parla del fatto che delle storie d’amore tendiamo a ricordare l’inizio e la fine eliminando il durante; ci fa riflettere sul meccanismo del ricordo e sul nostro modo di vedere la vita». Una cosa sola è sicura: alla fine della visione possiamo tranquillamente affermare di aver assistito ad un film pornografico interamente costituito da “sesso verbale”, ma nel quale si fa fatica perfino a scovare un seno nudo.
di Francesco Lomuscio