Una notte come tante, crepuscolare, silenziosa, eppura così limpida, una città, Los Angeles, popolata da spiriti irrequieti, anime smarrite agli angoli delle strade alla ricerca di qualche cosa di astratto ed inafferabile, forse perduto per sempre. Sentieri d’asfalto e bagliori nel buio si confondono con le poche sentinelle illuminate di una giungla contemporanea: milioni di persone si incontrano in un taxi, simbolo indelebile della moderna civiltà risucchiato dalla selvaggia e brutale bellezza di una natura emarginata. Micheal Mann, ultimo baluardo di un cinema classico, erede incontrastato dell’action movie dalle atmosfere epico tragiche, rende con Collateral un omaggio spassionato alla città degli angeli. Vincent e Max partecipano ad uno stesso gioco, dove non ci sono regole e si cerca di arrivare sani e salvi al traguardo: il viaggio del peccatore, però, si concluderà come sempre nel canto all'(anti) eroe decaduto narrato dall’autore americano sul viale del tramonto e, l’uscita dall’Inferno sarà dolce come una lunga attesa prima dell’eterno riposo.
La grandezza di un opera come questa risiede tutta nella capacità di ritrarre l’ambiente, fotografato dall’occhio impercettibile di Paul Cameron; a tratti aride e mute, a tratti caotiche le strade violente ritratte dal maestro di Chicago appaiono vive e splendenti grazie all’impiego della tecnologia digitale dell’ultima generazione. Collateral convince soprattutto perché mantiene un equilibrio straordinario tra ironia ed impegno, pathos ed introspezione; se Tom Cruise, nelle vesti insolite di un killer spietato appare schiacciato da una recitazione impostata, il talento di Jamie Foxx e l’esperienza di Irma P. Hall (La signora omicidi dei Coen) restituiscono all’opera una brillantezza tipica di alcune pellicole dove accade tutto in una notte.
di Ilario Pieri