Senza guardare il risultato cinematografico finale verrebbe spontaneo paragonare Requiem all’esperienza più “pirotecnica” di L’esorcismo di Emily Rose, ma nonostante la medesima base di partenza le due pellicole percorrono strade parallele ed indipendenti, destinate a non intersecarsi in alcun modo. L’immaginazione in entrambi i casi è stata stuzzicata dalla vicenda personale di Anneliese Michel, studentessa morta in seguito a numerosi esorcismi, conducendo a degli esiti del tutto diversi. Seguendo probabilmente una scelta stilistica più meditativa ed europea, Hans-Christian Schmid tralascia l’aspetto giudiziario ed investigativo del processo per dedicarsi alle fasi precedenti, in cui gli eventi si sono succeduti e concretizzati nell’incredulità e nell’indiffirenza globale. Attraverso un uso semplice e minimalista della ripresa, tralasciando virtuosismi scenici, Schmid cerca di addentrarsi in un luogo meno tangibile e razionale, ma più sfuggente ed emotivo. L’oggetto dell’indagine non è tanto lo squilibrio di una giovane mente, quanto la causa di questo motivata da un eccesso di fervore religioso al limite della maniacalità e da un substrato familiare gelido e non accogliente.
Certo è che esaurita l’attenzione nei confronti di una società ( quella cattollica del sud della Germania negli anni ’70) divisa in una pesante dicotomia tra razionale ed irrazionale, ragione e sensorialità, laicità e religiosità, l’anima stessa di questo film va dissolvendosi lentamente all’interno di una inconsistenza finale. Posto che si possa prender atto di quanto accaduto più di trent’anni fa in un piccolo centro della Baviera, appurata l’incontestabile capacità interpretativa di Sandra Huller a cui questo ruolo è valso l’Orso d’Argento a Berlino, la vicenda scorre troppo in superficie per lasciare a lungo traccia del suo passato. Partendo dal presupposto che il cinema non sempre e non necessariamente debba fornire un messaggio, ci si interroga su quale può essere la ragione per porsi spettatori di una vicenda simile. Con la consapevolezza di appartenere ad una realtà in cui probabilmente l’eccesso religioso non attecchisce con grande facilità ed il moralismo, pur destinato a sopravvivere nei tempi, rimane sempre più offuscato da neccessità moderne, Requiem può essere accolto come l’altra faccia della medaglia, l’interlocutore che, dialogando con linguaggi e tempistiche diverse rispetto a L’esorcismo di EmilyRose, offre una visione completa ed esaustiva del medesimo avvenimento.Sempre che tutto questo possa interessare.
di Tiziana Morganti