Gettato nella pattumiera cinematografica dell’estate in mezzo a scartoffie e rimanenze di magazzino, dopo le immancabili traversie produttive e distributive, ecco il nuovo film di Maurizio Ponzi, A luci spente, ambientato nel ’43, periodo in cui i set cinematografici erano una sorta di rifugio ai rastrellamenti dei fascisti. Si ricorda in particolare l’esperienza de La porta del cielo di Vittorio De Sica, allora girato nella Basilica di San Paolo con il consenso del cardinale Montini (futuro Paolo VI). La guerra e le ordinanze fasciste stavano trasferendo il polo cinematografico da Cinecittà a Venezia e il regista, qui interpretato da Giulio Scarpati, allestisce un set “barricata” dove ebrei e partigiani diventano comparse e dove quella cinematografia “d’emergenza” creerà degli interscambi con il nascente neorealismo. Qui troviamo Primo Ratelli (Andrea Di Stefano), protagonista maschile della pellicola, irritato da quelle comparse di dubbia ideologia politica e da quei nuovi volti presi dalla strada.
C’è poi Gabriella (Francesca Perini) assistente costumista innamorata del fotografo di scena (Damiano Andriano) e Andrea (Filippo Nigro), partigiano assunto per un piccolo ruolo che riuscirà a far innamorare di sé la diva del film e a mettere al sicuro un politico perseguitato. Film asciutto e tecnicamente corretto, A luci spente si affida ai volti noti di Giuliana De Sio, alla sua settima collaborazione con Ponzi, di Giulio Scarpati, Filippo Nigro, Toni Bertorelli e Andrea Di Stefano. «Il mio film – spiega Maurizio Ponzi, autore anche della sceneggiatura con Piero Spila e Stefano Tummolini – non vuole essere la cronaca fedele delle vicende di La porta del cielo, che sono utilizzate solo come spunto. Del resto, durante l’occupazione nazista di Roma, oltre a De Sica, altri registi cercarono di girare film per evitare il trasferimento. Ci provò anche Rossellini che lavorò per qualche settimana a Scalo merci, un film che fu completato solo dopo la liberazione da Marcello Pagliero con il titolo Desiderio».
di Alessio Sperati