L’horror di successo A Quiet Place di John Krasinski, un grande successo al botteghino, diventa una trilogia. In molti conoscono il suo ideatore come attore protagonista della serie Jack Ryan o per il personaggio di Jim Halpert in The Office. Come Reed Richards del nuovo universo Marvel è durato poco, una breve comparsa in The Multiverse of Madness e poi via, sostituito da Pedro Pascal e forse per lui è stato meglio così visto che l’Mcu sta deragliando verso multiversi di flop. La saga A Quiet Place inizia nel 2018 con la famiglia Abbott in fuga dalla città verso la campagna: madre, padre e tre figli comunicano solo con l’alfabeto dei segni perché una razza aliena che non ha occhi ma uno sviluppatissimo senso dell’udito sta facendo macelleria di esseri umani. Bisogna quindi restare nel più assoluto silenzio.
Il primo film della saga è costato poco più di 17 milioni di dollari e ne ha incassati nel mondo quasi 350. Grande successo anche per il sequel del 2020 con un incasso di poco superiore ai 300 milioni. Siamo dunque al terzo, il prequel, che ci riporta al giorno uno, quello in cui la popolazione di New York vede arrivare dal cielo una pioggia di mostri che non sopportano i rumori, un po’ come i vostri condòmini.
Si torna alle regole base del genere horror: inizio di calma apparente seguito da un’esplosione di orrore. Tuttavia non c’è splatter, le prede vengono catturate ma non si assiste alla loro macellazione. Il senso di ineluttabilità della fine, dato negli altri due film dagli orridi alieni dalle zampe falcidianti, qui è fornito anche da Sam (Lupita Nyong’o), una donna con un cancro all’ultimo stadio che reagisce all’orrore in maniera tutta personale, con una rassegnazione stratificata. I nuovi personaggi, tutti antieroi perché oltre a Sam c’è anche Eric (Joseph Quinn) che soffre di crisi di panico, trasmettono un’intera gamma di emozioni senza pronunciare una parola. Solo quando piove e tuona si può parlare: la natura offre la sua copertura salvifica. Perché il vero protagonista del film è il suono, o meglio la sua assenza, in un’atmosfera perfetta per jumpscare a raffica. Tra l’altro ci si chiede dove abbiano trovato l’unico gatto al mondo che non miagola mai, ma in quella situazione ti fai coinvolgere: anche in sala non volava una mosca.
A Quiet Place: Day One è un esercizio di tensione calibrata con qualche rallentamento nel ritmo ma con un risultato finale che mantiene le promesse. C’è anche un tentativo di riflessione sulla condizione umana, sull’importanza dei legami familiari e, perché no, c’è anche spazio per un ammonimento sui rischi dell’inquinamento acustico: non sarà forse la sciabolata di un alieno, ma un accenno di ipoacusia a sessant’anni sì.
di Alessio Sperati