Di elementi per essere definito l’ ennesimo “teenager thriller” questo film ne ha abbastanza: classica ambientazione in un esclusivo college americano, gruppo di adolescenti dal futuro brillante ma con un presente senza punti di riferimento e lei, Katie, la protagonista, giovane studentessa prossima alla laurea. Il tutto permeato da un’ atmosfera torbida, in contrasto con l’apparente equilibrio di queste vite, che anticipa da subito la tensione che esploderà. La prima parte del film introduce un giallo irrisolto, affidato al solito detective di turno, interpretato da un Benjamin Bratt inespressivo e addormentato. Nella seconda parte si va alla ricerca della spiegazione e, come accade spesso, la verità non è mai quella che appare la più ovvia o la più razionale: al contrario, si cela nelle zone più recondite della mente, nei traumi rimossi che riaffiorano. Per svelarla si dovrà intraprendere un percorso a ritroso in una giovinezza, quella di Katie, segnata dall’abbandono prematuro da parte della figura paterna. Il film ruota interamente attorno a questo nucleo e lo esprime attraverso il frequente alternarsi di flashback in cui il presente lotta contro il passato, la realtà si confonde con i ricordi, fino alla confusione e allo smarrimento di sé. Nonostante l’ impegno della giovane Holmes, (attrice ancora acerba ma promettente), l’intera struttura del film resta indirizzata a un pubblico giovanile abituato a thriller da cassetta. La storia non decolla, non colpisce, calca orme già lasciate da altri teen-movies di genere visti e rivisti , innervosisce con scene ripetitive e a volte decisamente scontate e lascia tiepidi anche dopo il finale rivelatore. Insomma, a questo film manca la caratteristica più importante di un thriller: la capacità di ipnotizzare lo spettatore e di tenerlo inchiodato alla poltrona.
di Valentina Domenici