L’orrore degli stupri di guerra, perpetrati anche all’interno dei conventi, sono al centro di Agnus Dei di Anne Fontaine, nelle sale dal 17 novembre con Goods Films. Un film bello e toccante, sulla speranza come risposta alla violenza del mondo, ispirato alla storia vera di Madeleine Pauliac, medico della Croce Rossa impegnata nel ’45 nel rimpatrio dei soldati francesi dalla Polonia, che mette in luce uno dei capitoli più drammatici dei vari conflitti nel mondo e purtroppo ancora di attualità: le violenze sessuali subite dalle suore e le conseguenti scomodo gravidanze.
La regista francese affronta con estrema grazia e sensibilità il tema di queste maternità e le loro ricadute sulla fede, mettendo la spiritualità al centro di questo dramma. Una pellicola dura e poetica, che mostra una realtà spiazzante, non solo per la ferocia degli uomini, ma anche per l’assurdità e il dolore provocato dall’ imporre ad ogni costo il rispetto assoluto di certe regole.
Girato in Polonia, in un ex convento restaurato per le riprese, con attrici bravissime come Lou De Laage, Agata Buzek e Agata Kulesza, il film mostra il calvario affrontato da alcune religiose obbligate a nascondere al mondo intero le loro scandalose gravidanze, rinunciando in nome del silenzio assoluto sull’accaduto anche alle necessarie cure mediche e poi al frutto della violenza subita. A rompere il muro di omertà, la giovane dottoressa francese che, a proprio rischio, riuscirà a farsi accogliere tra le inviolate mura del convento, per salvare anime e vite.
“Entrare nel mistero della fede, nella sua fragilità, mi ha toccata dentro” spiega Fontaine presentando il film a Roma. Proveniente da una famiglia cattolica, con due zie suore, la regista ha visitato alcune comunità di Benedettine (lo stesso ordine religioso del film) per comprendere la loro routine quotidiana osservando il ritmo delle loro giornate, vincolate da una fortissima disciplina, dove tra preghiere e canti il tempo sembra sospeso. “Con Pascal Bonitzer ho cercato di tirar fuori la psiche e il lato oscuro di ciascun personaggio, il percorso interiore che porta alcune a trasgredire a regole alle quali obbedivano ciecamente e che rese possibile la vita. Il film solleva domande che perseguitano le nostre società e mostra a cosa può portare il fondamentalismo”.
Le donne sono la metà della Chiesa, le vere operaie, hanno bisogno di nuove regole, di maggior spazio e ascolto delle loro sofferenze, di veder riconosciuti certi loro sacrifici. Come è stata accolta la pellicola? “L’ho proiettata in Vaticano – racconta Fontaine -, c’erano religiosi di ogni sesso e età, mi hanno detto: è un film terapeutico per la Chiesa”.