Si è divertito molto ad interpretarlo il nostro Raoul Bova e può avere i suoi lati divertenti anche per lo spettatore questo Alien vs. Predator opera di un regista che si sta sempre più specializzando nella trasposizione cinematografica di videogiochi, dopo Mortal Kombat, Resident Evil e Resident Evil: Apocalypse. I sopracitati tre lungometraggi si offrono allo spettatore come una un’intensa girandola di eventi improbabili ma accattivanti, a volte coinvolgenti. Beninteso lontano da qualsiasi obbligo di riflessione, proprio come si fosse davanti la propria Playstation. In AVP un gruppo di esploratori sponsorizzato da una grande multinazionale, si avventura tra i ghiacci antartici dopo aver individuato “qualcosa” a molti metri di profondità sotto la calotta polare. Lo staff, guidato da Charles Bishop Weyland (Lance Henriksen, l’androide Bishop di Aliens – Scontro finale e Alien 3) scopre che quel qualcosa è una gigantesca costruzione di origine ignota, territorio di caccia dei temibili “Predators”. Tenuta in vita, ma legata da gigantesche catene, una regina madre (sofisticato ‘animatronic’ creato da Alec Gillis e Tom Woodruff Jr.) depone uova per fornire dei validi avversari ai Predators.
A parte qualche timido tentativo di connessione (Bishop oltre ad avere le fattezze dell’androide della prima saga, si chiama anche Weyland in omaggio alla Weyland-Yutani Corporation, la multinazionale che affida all’astronave Nostromo la sfortunata missione nel primo film. Weyland è inoltre il padre immaginario della moderna robotica, quindi quando 150 anni più tardi verrà creato l’androide Bishop avrà le sue fattezze e il suo nome), il film ha poco in comune con le due saghe dal punto di vista narrativo, ha molto invece in comune con il videogame cui si ispira. In effetti, presi da questa proiezione di inseguimenti, infilzamenti, spappolamenti vari, si sente quasi la necessità di parteggiare per una delle tre razze ‘in gioco’, proprio come se nella schermata iniziale del VG ci chiedessero di selezionare il personaggio da guidare. Non ci sono buoni né cattivi in questo film, potremmo infatti prendere facilmente le parti di una qualunque delle tre razze senza difficoltà, in questo modo sarà divertente alla fine scoprire quale delle tre avrà la meglio sulle altre. Fa sempre piacere vedere un attore italiano in una grande produzione americana e Raoul Bova, anche se non chiamato ad un ruolo di alto livello interpretativo, se la cava bene. Da guardare senza impegno, quasi da subire, questo AVP. Spesso durante la proiezione avrete la sensazione, come del resto in RE: Apocalypse, di esservi dimenticati il joypad a casa. Beninteso, come trasposizione di un videogame, fin ora è probabilmente la migliore.
di Alessio Sperati