«I film horror basati sulla realtà colpiscono di più la fantasia e restano nella mente del pubblico a lungo». Così il produttore Andrew Form giustifica la scelta della società da lui fondata insieme a Michael Bay e Brad Fuller, la Platinum Dunes, di rispolverare alcuni successi horror del passato per darvi nuovo lustro e, perché no, un nuovo successo. È stato il caso di Non aprite quella porta nel 2003, oggi è la volta di The Amityville Horror, remake di un film del 1979 con James Brolin, Margot Kidder e Rod Steiger. È la vicenda dei coniugi Lutz – oggi interpretati da Ryan Reynolds (Blade: Trinity) e Melissa George (Abbasso l’amore) – entrati in possesso della diabolica casa coloniale nota a tutti gli appassionati dell’horror, quella con le finestre che non ridono ma che ti scrutano ossessivamente e che si trova ad Amityville, nella contea di Suffolk, Long Island. George e Kathy Lutz pensano di aver trovato la dimora dei loro sogni, senza sapere che appena un anno prima tra quelle mura il giovane Ronald De Feo Jr. aveva massacrato a colpi di fucile la sua famiglia e che quei sogni sarebbero diventati veri e propri incubi notturni per l’incauto George.
Confusa e spaventata dall’interazione di sua figlia Chelsea con un’entità immaginaria di nome Jodie, Kathy cerca con tutte le sue forze di tenere unita la famiglia mentre George inizia a dare primi segni si squilibrio, trascorre giorni e notti nello scantinato e ha scoperto un passaggio segreto che conduce ad una raccapricciante stanza rituale. Il film dell’esordiente Andrew Douglas è un buon prodotto a largo consumo, capace di una certa tensione senza eccessi di violenza gratuita, servendosi anche di effetti digitali ad alto livello (le società impiegate sono la Asylum e la Industrial Light & Magic). Il film originale di Stuart Rosemberg offriva già una linearità narrativa adatta a un prodotto che non cadesse negli eccessi. Sarebbe stato molto più arduo ad esempio ritoccare il prequel di Damiano Damiani del 1982, Amityville Possession, che racconta proprio il delitto originale del ’74, quello della famiglia De Feo, con un taglio più perverso, a tratti morboso, ma che molti appassionati di horror, tra cui il sottoscritto, preferiscono. Del resto senza azzardo non ci può essere innovazione.
di Alessio Sperati