Quante ci si scopre a guardare al proprio passato e a sorridere ricordando periodi non propriamente felici, ma che in qualche modo inebriano la memoria con le gioie della gioventù o delle emozioni più forti. Un amore passato, le bravate con gli amici, i sotterfugi e le ragazzate di un tempo difficile, tutte cose che si racconterebbero magnificamente in una serata d’inverno di fronte a pochi compagni e una buona bottiglia di Armagnac. Ecco, più o meno queste sono le piacevolissime sensazioni che si provano durante la visione di Bon Voyage, film tanto raffinato e grandioso quanto alla mano e intimista, una miscela davvero difficile da ottenere, ma che Jean Paul Rappeneau è riuscito a ottenere. Cineasta abituato a confrontarsi con grandi interpreti e mastodontiche macchine produttive, il regista di Cyrano De Bergerac sembra qui volere tirare le somme di una carriera più che felice, fatta di successi a cui in vuole rendere omaggio in questa piacevole commedia degli equivoci.
La storia della Francia occupata ha la stessa importanza dell’amore tra un aspirante scrittore e un’attrice acclamata, delle gesta di un ladro ingegnoso e dal cuore sincero, di uno scienziato e della sua assistente, la cui sorte potrebbe cambiare i destini dell’umanità. Piccoli e grandi racconti, narrati con mano leggera e intrecciati con maestria, così da farli sembrare, una volta messi insieme, nient’altro che una fedele rappresentazione della varia umanità con cui ogni giorno abbiamo a che fare. Tutto il cast è all’altezza, da Isabelle Adjani, diafana e altezzosa, chiaramente ispirata ad Arletty, attrice francese degli anni ’40 accusata di collaborazionismo, a Gerard Depardieu, pragmatico ministro di Vichy, fino al manipolo della giovane guardia, in cui Yvan Attal e Virginie Ledoyen sono decisamente una spanna sopra agli altri. Mette di buon umore Bon Voyage e più che un film lo potremmo ritenere un augurio, nella speranza di guardare sempre con un sorriso ai fatti della vita.
di Alessandro De Simone