«Soldati. Loro combattevano una personale battaglia contro la noia, soldati che da ammazzare avevano soltanto il tempo. Loro sapevano che la guerra è un inferno ma la pace è una vera rottura di palle!» Niente male come introduzione per una feroce satira sulle forze armate statunitensi, in un film presentato l’8 settembre 2001 e che avrebbe dovuto uscire in sala qualche giorno dopo. Inutile dire che Buffalo Soldiers ha fatto la fine (per chi lo ha visto) del militare Parsons, venendo messo nell’armadio per quattro lunghi anni. Vi troviamo Joaquin Phoenix, star di punta dell’ultimo Shyamalan, gestore di traffici illeciti all’interno di una base militare americana in Germania. Furto di armi, droga, donne, tutto è a portata di mano di Ray Elwood, tutto eccetto il tenace e carismatico sergente Lee (Scott Glen). Il problema di Buffalo Soldiers è stato centrato da una delle prime critiche scritte su di esso, da Todd McCarthy di Variety che ne parlò come del “film sbagliato al momento sbagliato“. Quello di Gregor Jordan è forse un film inopportuno, ma non anacronistico. La sua satira è anzi molto attuale, prendendo di mira l’esercito USA dei nostri tempi, quello popolato da persone che scelgono l’esercito come alternativa alla galera, parlando di danni collaterali come un carro armato pilotato da soldati “sballati” che rade al suolo un mercato cittadino e una stazione di benzina. Possiamo vedere Buffalo Soldiers anche come una generica e forsennata lotta all’autorità, compresa quella di Anna Paquin (X-Men e La 25ª ora) contro un padre padrone.
di Alessio Sperati