“La guerra non è in primo piano, ma ciò che gli uomini hanno nel cuore”. Lo spiega Raoul Bova presentando Fuoco Amico, eroe per amore, il telefilm in otto puntate diretto da Beniamino Catena, in onda dal 30 marzo su Canale 5, di cui l’attore romano è produttore e protagonista, con Megan Montaner, Andrea Sartoretti, Romina Mondello, Ugo Pagliai, Luigi Diberti.
“Una fiction speciale, fatta col cuore – ci tiene a sottolineare Bova – che coniuga passione alle moderne tecniche di ripresa”. Non una serie di guerra, piuttosto un mix tra spy e love story inserito in uno scenario bellico che, a suo giudizio, nulla avrebbe da invidiare ai film americani.
Sei mesi di riprese durissime tra Marocco, Malta, Sardegna e Roma, tra mille difficoltà, superate grazie al valido aiuto del nostro esercito per spostare in zone impervie gli elicotteri da guerra e gli imponenti mezzi blindati.
A presentare la serie a Roma, nella suggestiva biblioteca militare dello Stato Maggiore dell’Esercito, (lascito della regina Margherita, “affrescata” da oltre cinquantamila volumi), i vertici della fiction Mediaset e della sua rete ammiraglia, con tutto il cast e una nutrita schiera di “padroni di casa”.
Bova ama particolarmente questo progetto perché ricco di contenuti. “Rispecchia un ideale che ho dentro – precisa l’attore -. Noi italiani abbiamo sempre portato il nostro cuore in giro per il mondo, sposato ideali, giurato fedeltà alla verità. Non siamo quelli che attaccano, al centro della storia ci sono uomini che vogliono sconfiggere il male, salvare vite umane, soprattutto i bambini, e far luce su chi prevarica gli altri”.
“Parole che rispecchiano perfettamente lo spirito dei nostri militari” gli fa eco il Capo di Stato Maggiore presente in sala, che però si astiene dall’ aggiungere commenti sull’attuale, delicatissima, situazione internazionale.
“La precarietà in cui si vive in questi anni di terrorismo – continua Bova – genera una grande paura generalizzata. Avere figli che rischiano la vita anche solo andando a scuola in metropolitana ci ha reso instabili. La fiction punta il dito sulle armi batteriologiche, sulla sperimentazione di certi vaccini su cavie umane, che poi, se scampano alla morte, diventano potenziali armi letali in giro per il mondo. Il caso ebola ha suscitato terrore, aprendo un dibattito sulle responsabilità di gente corrotta che per soldi usa senza scrupoli la vita umana”.
Nel film, ambientato in Afghanistan, interpreta il Capitano Enea De Santis capo di un distaccamento incursori del 9° Reggimento d’Assalto Paracadutisti Col Moschin dell’Esercito Italiano, inquadrato nella Task Force 45. Durante un’operazione conosce l’afghana Samira (Montaner) e tra i due, nonostante le profonde differenze culturali, nasce un tenero sentimento. Lei lavora in uno degli ospedali di un’ organizzazione no profit fondata da Romeo de Santis (Pagliai) padre di Enea, sparito in circostanze misteriose tre anni prima. Mentre Enea cerca di far luce sulla sua scomparsa, si trova coinvolto in un intricato mistero, immerso in una realtà cruda e dolorosa, dove la spietatezza e l’avidità umana non hanno limiti e dove anche i bambini innocenti diventano merce di scambio.
Persino i Servizi Segreti hanno la loro parte di responsabilità: i funzionari Emma Borghi (Mondello) e Francesco Rebecchi (Sartoretti) daranno del filo da torcere ai nostri protagonisti. Anche la storia sentimentale di Enea e Samira non è come sembra: il Capitano, infatti, dovrà fare i conti con il passato della sua amata, le sue radici e con la vera natura delle sue intenzioni.