Un piacere per gli occhi. Prima che da vedere, questo film è da guardare nel suo trionfo di bellezze. Bello l’esordiente Federico Costantini, bello il trio “Romanoff più amiche fedelissime”, bella la rivale Cinzia, ricciuta e occhiuta come un puttino botticelliano. Per non parlare poi della bellezza di ambientazioni, interni che evocano l’America e l’arte contemporanea: stanze da letto a un baldacchino e quattro pareti di libri, oppure alcove disseminate di luci, installazioni, colori. Una cucina di legno e una palestra “psichedelica”. Un applauso alla scenografia in primis, e alla sceneggiatura a seguire, entrambe in un binomio vincente contro i pregiudizi di chi si accinge a vedere il film la prima volta. E di pregiudizi ce ne sono: nei confronti della trama, perché la storia della donna adulta e del ragazzino viene raccontata da anni e in tutte le salse, da Malizia di Laura Antonelli a Texas di Valeria Golino. Pregiudizi anche nei confronti dei protagonisti: alzi la mano chi non ha dubitato della Romanoff, che dopo il successo con Gabriele Muccino ha avuto incollata addosso, suo malgrado, l’etichetta di velina opportunista. Per non parlare del titolo, Cardiofitness, che fa subito pensare ad una saga di sesso, soldi e bisturi, secondo già collaudate ricette americane.
Ma sorpresa, si tratta di un film molto divertente. Divertentissima è la Romanoff, che più che Uma Thurman (innamorata di un ventiquattrenne in una pellicola dello scorso anno) ricorda il Fantastico mondo di Ameliè: immersa in un mondo colorato, una bella a volte buffa ma non ridicola, dolce ma non melensa. Non personaggi di un film, ma di un manga pregiato. Come le amiche fedeli: l’una seriosa e total black, da figlia di Crudelia Demon, l’altra barocca nell’abbigliamento e nel linguaggio, mascelle che ruminano perennemente. Che dire di Costantini? Sicuramente che è perfetto nel ruolo di quindicenne sbarbato e acerbo, voce nel coro generale di inni a Madre Natura. L’augurio è che abbia presto l’occasione per misurarsi con altro, e di non fermarsi mai al bivio: sfigato ma intelligente (Silvio Muccino) o duro ma puro (Riccardo Scamarcio). La promessa è tanta ironia, non facile per un soggetto che poteva indulgere alla tensione lirica. Invece accade che la protagonista non è né viziosa né annoiata, ma semplicemente “poco portata per la vita normale”; il protagonista non è un cucciolo in calore né un bimbo sprovveduto; l’amica del cuore non è anoressica ma affetta da intolleranze alimentari. E ancora: l’allenatore di football è un populista dall’accento esotico (cubano?), la madre di lei è un po’ svampita e un po’ grillo parlante…
di Annapaola Paparo