Una Roma grigia, silenziosa e semivuota accompagna nell’ultima passeggiata Giggi. I passanti dai marciapiedi gli tributano un ultimo applauso, che scroscia fino all’arrivo del corteo funebre al suo teatro a Villa Borghese che da oggi si chiamerà Proietti. Lui l’ha voluto a tutti i costi questo splendido piccolo teatro elisabettiano all’aperto, l’ha difeso dalla crisi, dai silenzi delle istituzioni e dalle intemperie, aprendo anche ai bambini le mattinate domenicali adattando Shakespeare per loro.
Un uomo onesto, fedele, dagli ideali forti, che non si è mai inchinato ai potenti e forse per questo ha dovuto sudare ogni conquista. Da quando fu dolorosamente “rimosso” dal suo Brancaccio, dove aveva dato vita alla bottega laboratorio che ha innestato nuova linfa nel mondo artistico regalandoci negli anni il meglio degli attori oggi sulle scene, alle recenti lotte per avere certezze per poter portare avanti le rappresentazioni nel suo Globe.
Il maledetto virus che incombe ha sprangato la chiesa degli artisti al popolo, accogliendo solo poche decine di intimi al rito funebre cattolico. Ma all’arrivo al Globe Theatre di Villa Borghese c’è una folla a rendergli omaggio. Allievi, amici e i tanti collaboratori delle scene pervasi dalla commozione all’ingresso della bara chiara circondata da rose rosse.
Entrano la compagna Sagitta con le figlie Susanna e Carlotta. Minuti interminabili di applausi scroscianti e poi le parole. La sindaca Raggi collegata da casa porta l’ultimo saluto di Roma che, dice, “Ha perso una parte della propria anima. Il lutto è di tutti”. La prima a parlare è Marisa Laurito: “So che stai qui a guardarci col tuo sorriso sornione, siamo stati privati delle tua intelligenza, non potremo mai consolarci, troppo speciale, energia pura, generoso, mai maschilista, sempre pronto a correre in aiuto. Quando veniva a trovarmi in camerino entrava il Teatro. Non morirai mai perche nessuno ti dimenticherà mai. Sei un monumento, ti dicevo e tu rispondevi: ma se nun tengo manco er cavallo”.
Pino Quartullo uno dei suoi primi allievi nel ’79: “Non abbiamo mai pianto tanto noi attori. Con te abbiamo studiato seriemente, mischiando il classico col buffo, una grandissima lezione”. La giovane Valentina Marziale, la prima Giulietta del Globe: “Una telefonata avresti potuto farcela. Sei andato via così, non ci stupisce, sempre libero, senza padroni e padrini in un teatro privato, di tutto. Ci proveremo a camminare da soli portando avanti la tua memoria”. E finisce in lacrime tra le braccia consolatorie di Carlotta Proietti. Edoardo Leo lo saluta come facevano tutti, sempre: “Ciao Giggi. Grazie per essere stato un punto di riferimento, aver elevato il nostro mestiere, formato decine di lavoratori dello spettacolo, esempio di abnegazione e disciplina coniugate con la leggerezza e il divertimento. Ci hai insegnato il rispetto e l’onestà, ti tocca il saluto commosso di tutta la categoria, di tutta la città che, come dicevi tu, sbrilluccica, di lacrime e ricordi”.
Paola Cortellesi sottolinea: “Che peso enorme deve essere stato per i famigliari condividerlo con tutti gli altri. E’ stato un faro, ci ha mostrato l’arte”. Brignano arrivò da lui nell’ 88. “Mi hai aperto la porta dei sogni, un maestro e un riparo. Non ci sei, ma riesco a dire la parola Più”. Chiude i saluti l’ex sindaco di Roma Walter Veltroni che lo aiutò a dar vita al Globe. “Quanto dolore può creare l’uscita di scena di un attore? Un uomo colto e semplice, popolare: oggi Roma ha un Colle in meno”.