Si tratta di Mondo sexy di Mario Sesti e Boia, maschere e segreti: l’horror italiano negli anni sessanta di Steve Della Casa. Il primo dedicato ai documentari sul mondo notturno trasgressivo delle principali città del mondo, il secondo, come si evince dal titolo, alle pellicole di genere “paura” che oggi sono considerate dei veri e propri cult. Le due “operazioni” sono collegate tra di loro, l’unica cosa che le differenzia sono gli autori. Entrambe distribuite dalla Film Compass, che è anche la società detentrice dei diritti dei film dai quali sono stati estrapolati gli spezzoni utilizzati, si avvalgono ambedue del sostegno della Augustus Color per quanto riguarda le lavorazioni di post produzione a ciclo completo.
La formula è identica: la retrospettiva dei due “filoni” cinematografici che tanto successo al botteghino ebbero negli anni d’oro della nostrana “settima arte”, attraverso stralci di opere del passato appartenenti ai rispettivi “generi”, in alternanza a interviste ad autorevoli addetti ai lavori, critici e giornalisti.
Non si tratta di pura e semplice “nostalgia” fine a se stessa, ma un intrigante e avvincente susseguirsi di immagini che evocano nello spettatore emozioni molto forti e interessanti considerazioni artistico-produttive. Quei film usufruivano quasi sempre di budget modesti, ma in compenso incassavano tantissimo e venivano esportati in tutto il mondo.
La loro forza era dovuta probabilmente proprio agli scarsi mezzi cui necessariamente si doveva supplire con la creatività. Erano pellicole che si basavano su un linguaggio prettamente cinematografico, visto che le visioni erano quasi sempre vietate ai minori e oltretutto si trattava di progetti non finanziati dalla televisione, quindi prescindevano da logiche di palinsesto, come avviene al giorno d’oggi.
Per quanto infine concerne i contenuti, attraverso Mondo sexy e Boia, maschere e segreti, possiamo ricostruire un periodo storico, con una approfondita analisi antropologica e culturale. Guardando queste due opere possiamo meglio comprendere come la società e il costume siano cambiati. Non necessariamente in meglio.
Chiara Campanella