È una generazione cresciuta a caffè e sigarette quella descritta, e avvolta da dense volute di fumo, nel film di Jim Jarmusch Coffee & Cigarettes. Tutto ha inizio nel 1986, quando al regista viene commissionato un corto da presentare nel celebre show televisivo Saturday Night Live. Testimonial d’eccezione di questo pamphlet sul “diabolico” binomio nicotina & caffeina sono uno stralunato Roberto Benigni e Steven Wright, primi di una serie di avventori illustri che, al tavolino di un bar, si lanciano in un surreale dialogo all’insegna del nonsense. Elogio del tempo vuoto e della chiacchiera da bar, e insieme estrema apologia del fumatore incallito e per nulla redento, la pellicola potrebbe essere una sorta di Camera Cafè degli anni ’80. In quanto è solo davanti ad un robusto bricco di bevanda calda (o fredda, o iperzuccherata, o rovesciata) che si compie il disvelamento tra coppie di personaggi (in qualche caso un trio) più o meno bizzarri. Risale al 1989 il secondo episodio, protagonisti Steve Buscemi, Cinqué Lee e Joie Lee, e al 1993 il terzo (premiato al Festival di Cannes con la Palma d’oro), che vede le due rockstar Iggy Pop e Tom Waits discettare di musica e assaporare un’ultima, ma solo nei desideri, tentatrice Malboro.
Musica, parole in libertà, invidie, desideri, gelosie si accumulano nei novantacinque minuti di questa pellicola, composta da vari cortometraggi che si aprono tutti allo stesso modo: due clienti seduti ad un tavolo, in un bar squallido e deserto, con davanti solo alcune tazze di caffè e il pacchetto di sigarette sempre a portata di mano. Unica eccezione, l’episodio interpretato da Cate Blanchett, che duetta con se stessa nei panni di una diva famosa e della cugina sfigata, i cui mondi paralleli si confrontano per un attimo durante un lussuoso e imbarazzante coffee-break in un hotel a cinque stelle. Per il resto, l’umanità bislacca fotografata da Jarmusch in uno splendido bianco e nero non ha molto da dirsi e si abbandona piuttosto allo splendido piacere provocato da un eccesso di caffeina mista a nicotina. Spargendo, tutt’intorno, pensieri e parole in libertà. Da chi sostiene l’esistenza di un gemello perfido di Elvis a chi elogia i ghiaccioli alla caffeina o la teoria di Tesla sul mondo come immensa cassa di risonanza acustica. Una tazza di caffè serve anche a far scoprire remote parentele (l’episodio con Alfred Molina), ritagliarsi un briciolo di intimità o imbattersi in personaggi famosi (come Bill Murray, improbabile cameriere caffeinomane). Fino all’epilogo, struggente e ipnotico, di chi sogna che la sua bibita nera fumante sia una coppa di champagne con cui celebrare, ogni giorno, un inno alla vita.
di Beatrice Nencha