Se il cinema hollywoodiano di questi anni sembra non trovare nulla di più corrompente di una sigaretta – e dire che a guardarsi intorno di scelta ce n’è tanta – il regista di videoclip Martin Lawrence ne fa una più del diavolo, ci fa vedere un concentrato di contaminazioni, di miti del passato e del presente, – lui stesso cita film come Chinatown, Il falcone maltese, Training day e lo stesso Matrix – mettendoci completamente a nostro agio, solleticando il nostro appetito cinefilo e portando sullo schermo un fumetto amato da molti, Hellblazer di Alan Moore. D’altro canto, ponendo come denominatore comune la frase “non c’è peggior nemico di sé stessi” Keanu Reeves dà corpo (e anima) a John Constantine, il più moderno e affascinante eroe maledetto a viaggiare negli inferi dai tempi di Dante, un uomo allo sbando, con un cancro ai polmoni dato dalle troppe sigarette e un (riuscito) suicidio alle spalle, insomma il degno successore di Marco Pannella alla guida dei Radicali. Da quando si è tolto la vita per non vedere più quegli angeli e demoni che lo hanno da sempre accompagnato, il suo destino è segnato: ora deve ricacciare i suddetti demoni per guadagnarsi una seconda possibilità per il Paradiso. Oltre a questo troverà il tempo di aiutare la bella detective Angela Dodson alla ricerca di una motivazione per il suicidio della sorella.
John Constantine è stato all’Inferno ed è tornato, e ora forse guarda la sua Los Angeles buia e tempestosa con un occhio meno critico. I pittoreschi personaggi che la contornano, come Midnite, Balthazar e Padre Hennessy non fanno che completarne lo scenario. Lawrence, abituato a mettere in immagine i lavori di Justin Timberlake, Britney Spears ed Aerosmith, ci mostra ora tutti gli incubi funerei dell’americano medio, le sue paure più ancestrali: il cancro, il suicidio, la sedia elettrica, e un Inferno metaforicamente rappresentato come una città nuclearizzata. Di riferimenti ne vengono in mente talmente tanti che diventerebbe un gioco al massacro, ma di nuovo c’è la leggerezza concettuale con cui Lawrence passa da una situazione all’altra, dai drammi condivisibili di un uomo cui viene diagnosticato un cancro, alle parodie celestiali di un angelo evocato poco prima di chiamare Satana in persona, interpretato da un ironicissimo Peter Stormare. Sebbene il cinema sia pieno di diavoli e di indimenticabili sfumature – da Angel Heart a L’avvocato del diavolo -, non giudicheremo Constantine per l’uso del singolo elemento, bensì per l’aporia concettuale che regola i suoi spostamenti dal plausibile all’astratto, quando esce rumorosamente dal seminato senza chiederne il permesso. Questo il suo limite e se vogliamo il suo più assoluto pregio.
di Alessio Sperati