Gegen Die Wand di Fatik Akin, vincitore dell’Orso d’Oro al Festival di Berlino 2004, ha trovato a Roma la conferma del suo successo. L’occasione è stata il German Film Festival che si è svolto nella capitale dal 2 al 6 aprile. Sullo schermo del cinema Barberini si sono nuovamente intrecciate le vite maledette di Cahit (Biron Ünel) e Sibel (Sibel Kekilli). Entrambi turchi-tedeschi, i due si incontrano in una clinica psichiatrica di Amburgo dopo un tentativo di suicidio. Cahit, brillante e pieno di talento ma autodistruttivo, non riesce a cancellare il dolore per la morte della moglie neanche con l’alcol e le droghe. Sibel, bella, giovane ed esuberante, testarda e dotata di un’incredibile forza di volontà, ha finto di uccidersi nel tentativo di liberarsi dall’oppressione della famiglia conservatrice e tradizionalista cui appartiene. Solo il matrimonio può salvarla. Riesce a convincere Cahit a sposarla sia pur con l’accordo che il loro sarà un legame solo apparente: di fatto ciascuno condurrà la vita che più gli piace sia pure sotto lo stesso tetto. Lei assaporerà così la libertà (soprattutto sessuale) tanto desiderata; lui avrà qualche flirt occasionale. Pian piano finiranno con l’innamorarsi ma a quel punto sarà troppo tardi per rimanere insieme. Entrambi, tuttavia, supereranno il loro iniziale desiderio di morte. Non c’è il classico lieto fine per questa storia d’amore che porta però alla metamorfosi dei suoi protagonisti. Ne viene fuori un dramma impietoso e ruvido che il trentenne regista di Amburgo considera la sua opera più personale e non solo perché egli stesso ha origini turche come i suoi personaggi.
L’idea infatti nasce da un’esperienza di Akin che tempo fa ha ricevuto davvero la proposta di un finto matrimonio da parte di una ragazza turca con cui aveva una relazione. Il soggetto di base si è evoluto fino a raccontare un’intesa e pazza storia d’amore che si ciba anche della contrapposizione tra la cultura turca e quella tedesca a proposito del ruolo della donna e della sua libertà sessuale. Nel film questo tema è affrontato senza cliché sia pure nel rispetto della tradizione a cui i genitori della ragazza sono legati. La musica ha poi un ruolo fondamentale nella narrazione: come nelle tragedie classiche, il racconto è diviso in atti musicali. A svolgere le funzioni del coro sono il gruppo del musicista gitano Selim Sesler e l’interprete Idil Üler che eseguono canzoni malinconiche, tipiche della musica tradizionale turca. Lo scenario di fondo è una splendida Istanbul, dove è ambientata la seconda parte del film: un luogo affascinate, selvaggio, pericoloso. Una curiosità: Akin ha scelto di girare le scene in ordine cronologico perché ha considerato il copione profondamente legato allo sviluppo fisico e psicologico dei due (straordinari) attori protagonisti. Il giovane autore, che ha firmato anche la sceneggiatura, dà qui nuovamente prova delle su doti di regista che gli valsero nel 1997 il Leopardo di Bronzo al festival internazionale di Locarno per il suo apprezzato film d’esordio Short Sharp Shock.
di Patrizia Notarnicola