Una sinfonia di emozioni attraverso la musica, il romanticismo e la bellezza, scaturisce dal film Cyrano avvolgendo gli spettatori. A dirigere magistralmente l’orchestra è il regista inglese Joe Wright che ha riletto in chiave cinematografica la storia senza tempo di uno dei più celebri e travolgenti triangoli amorosi di tutti i tempi. Peter Dinklage soffre le pene amorose dell’eroe rostandiano in questa coinvolgente fiaba in costume del Seicento, basata sull’omonimo musical teatrale adattato e diretto da sua moglie Erica Schmidt. Nei sontuosi panni di Rossana si muove elegantemente Haley Bennet, bellissima e talentuosa compagna trentaquattrenne del cinquantenne regista londinese. Un capolavoro nato, si fa per dire, in famiglia, dove ogni membro ha davvero dato il meglio di sé.
Eppure questo avvincente, poetico lungometraggio non ha conquistato Oscar e neppure il pubblico delle sale, dove è approdato a marzo in sordina, penalizzato dalla pandemia che ha svuotato i cinema. Si spera ora in un ripescaggio televisivo che sicuramente conquisterebbe una ben più vasta platea. E forse convincerebbe gli spettatori che un bel film è comunque meglio andarlo a vedere sul grande schermo.
Wright ha esaltato le scenografie ambientandole nella magica Sicilia, tra Noto, città barocca della fine del XVII secolo e le alture dell’ Etna, ha sapientemente affidato la realizzazione di ben 700 fantastici costumi a Massimo Cantini Parrini (per questi ingiustamente privato dell’Oscar), le coinvolgenti musiche a Bryce e Aaron Dessner. “Il film sarebbe stato anarchico, una celebrazione irriverente della vita e una lettera d’amore all’amore stesso – spiega il suo intento il regista-. Avremmo trasportato il nostro pubblico in un luogo dove la vita era di nuovo bella. E poi avremmo fatto un hard-cut sull’Etna, un vulcano in attività, e girato la sequenza della guerra a 5.000 metri sul livello del mare”.
Sapeva anche che sonorità avrebbe avuto il film. “Tutte le canzoni sarebbero state eseguite dal vivo – continua -. Sarebbe stato intimo, avremmo dovuto sentire il loro respiro, quelle piccole imperfezioni che ci avrebbero spezzato il cuore. Non ci sarebbe stata alcuna fanfara prima di una canzone. Gli attori, senza prendere fiato, sarebbero passati senza soluzione di continuità dal discorso alla canzone e viceversa. E così iniziò la produzione più folle della mia carriera”.
In tempo di crisi ha sentito di dover usare il potere dell’ immaginazione per offrire luce quando il mondo sembra impenetrabilmente buio. Offrire un luogo di bellezza in un mondo brutto. Un luogo senza cinismo o sarcasmo. Un luogo di amore e compassione. E ci è perfettamente riuscito.