Le violente rivolte razziali sono sempre al centro delle cronache e la regista premio Oscar Kathryn Bigelow affiancata dal suo fido sceneggiatore Mark Boal le porta sullo schermo col film Detroit. Un intenso, cruento, drammatico, emozionante thriller sui disordini civili che sconvolsero la città del Michigan nell’estate del 1967, interpretato da John Boyega, Will Poulter, Anthony Mackie, Hannah Murray e Jack Reynor, presentato alla Festa del Cinema di Roma e nelle sale dal 23 novembre con Leone Film Group e Eagle Pictures.
Bigelow e Boal mettono dettagliatamente a fuoco, con il collaudato stile del reportage, il massacro ad opera della polizia lanciata in una cieca, feroce caccia al nero, in cui persero la vita tre afroamericani, con centinaia di feriti gravi. Uno dei più sanguinosi episodi di razzismo della moderna storia americana, che riporta alla mente tensioni assai attuali. Lo spettatore rivive quell’esperienza di mezzo secolo fa quasi in tempo reale, profondamente coinvolto dalla ricostruzione assai vivida degli incidenti di quei giorni, delle terribili torture psicofisiche subite da un gruppetto di giovani innocenti imprigionati dai poliziotti nel Motel Algiers. Il tutto testimoniato anche da spezzoni di filmati di repertorio inseriti nella pellicola, che riportano in primo piano un momento cruciale ma praticamente dimenticato.
Per rendere autentica al massimo la sceneggiatura, Boal e i suoi collaboratori hanno intervistato per tre anni dozzine di sopravvissuti, poliziotti e militari che parteciparono alle sommosse, scandagliato giornali, documenti del tribunale, dell’FBI, del dipartimento della Giustizia. Hanno messo al centro del film la vera storia di Larry Reed, cantante dei Dramatics (interpretato da Algee Smith), rifugiatosi con un amico dopo un concerto, durante il coprifuoco, nel motel teatro dell’orrore che gli modificò per sempre la vita.
Per far meglio comprendere la rabbia e il senso di ingiustizia che si erano andati formando nei decenti precedenti, il film offre anche un background storico-sociale sull’escalation che portò alla deflagrazione dei conflitti e una visuale del panorama culturale di Detroit negli anni Sessanta. Per tirar fuori da ognuno dei giovani protagonisti la massima, spontanea intensità, sul set la regista ha puntato sull’improvvisazione, tenendoli sempre sulla corda.