Proprio l’altra sera mi è capitato tra le mani La cruna dell’ago di Follett, un libro così intrigante da volerlo rivedere nella sua trasposizione cinematografica di Richard Marquand del 1981. Il titolo originale The Eye of the Needle rende meglio l’idea di un occhio che scruta nell’ombra ma che dall’ombra sa anche uscire per colpire con un micidiale stiletto. È quello di Henry Faber una spia la cui opera avrebbe potuto mettere in seria discussione lo sbarco in Normandia delle truppe alleate compromettendo l’esito della Seconda Guerra Mondiale. Sutherland fa tremare i polsi in questo film per quanto è efficace. Mentre lo guardavo ignoravo il fatto che l’attore si stesse spegnendo nella sua casa di Miami.

A dare la notizia della sua morte è stato il figlio Kiefer attraverso i social: «Con il cuore pesante, vi dico che mio padre, Donald Sutherland, è morto. Personalmente lo ritengo uno degli attori più importanti della storia del cinema. Mai scoraggiato da un ruolo, buono, cattivo o brutto. Amava ciò che faceva e faceva ciò che amava, e non si può mai chiedere di più. Una vita ben vissuta».

La carriera di questo colosso della cinematografia è un caleidoscopio di ruoli e di generi che va dalla commedia all’horror, dal dramma alla fantascienza, da Bertolucci a Fellini, da Robert Altman a John Landis. Da quella Sporca dozzina del ’67 la sua carriera è stata un crescendo. Difficile dire se sia meglio vederlo nel ruolo di Casanova o in quello del medico militare di M*A*S*H; in lui s’intrecciano emozioni come sfumature di colore, sa viaggiare tra i generi come se attraversasse una strada.

Donald Sutherland è più di un attore: è un narratore di vite, un interprete delle sfumature dell’animo umano. La sua carriera è un viaggio attraverso decenni di cinema, ma anche attraverso le profondità dell’esperienza umana. Ogni ruolo che ha interpretato è un pezzo di un mosaico complesso e affascinante che ci invita a riflettere su noi stessi e sul mondo. Il suo volto prestato all’horror Invasion of the Body Snatchers del ’78 è un magistrale concentrato di angoscia e paranoia. Mi piacerebbe recuperare Don’t Look Now del ’73 (da noi A Venezia…un dicembre rosso shocking, titolo come tanti tradotto male), thriller psicologico di Nicolas Roeg incentrato sul dramma della perdita di un figlio.

Il suo talento sbaraglia i confini del tempo e dello spazio. Lo vediamo infatti anche nell’action The Hunger Games dove interpreta lo spietato presidente Snow, un personaggio che avrebbe potuto facilmente cadere nella caricatura, ma in mano a lui diventa sfaccettato. Egli non era solo un attore, ma un poeta dell’immagine, capace di incarnare l’anima dei suoi personaggi con una maestria incomparabile. La sua eredità artistica rimarrà per sempre nei cuori di chi ha avuto il privilegio di ammirarlo.

di Alessio Sperati