Ricomincio da capo era un geniale film di Harold Ramis con un Bill Murray di livello stratosferico. L’idea di far crescere un uomo cinico e senza sentimenti attraverso la reiterazione dello stesso giorno, così da offrirgli la possibilità di sviluppare una coscienza e dei sentimenti, è stata per molti una lezione di vita, oltre che di scrittura cinematografica. E di fronte a film di tale levatura ci si chiede come possa essere possibile anche solo pensare all’ipotesi di farne un remake, una riflessione che tante volte è stata fatta nei confronti di bei film europei cannibalizzati dall’industria americana a uso e consumo del suo pigro pubblico. In questo caso si inverte la tendenza ed ecco quindi che una co-produzione europea, Spagna e Italia per l’esattezza, si prende la briga di cambiare location climatica e bestiolina, dimenticando il freddo del giorno della marmotta, sostituendolo con il tepore di un’isola ispanica e uno stormo di cicogne. La formula è la stessa, naturalmente, con il nostro Antonio Albanese al posto di Murray e una serie di situazioni identiche a quelle già viste nel precedente film.
Se qualcosa di interessante possiamo trovare in È già ieri è proprio questo suo essere remake di un’azione ripetuta all’infinito, una sottigliezza critica su cui alcuni cinefili si farebbero venire i calli non vi dico come a furia di riflettere su come questo si possa in qualche modo inscrivere nell’evoluzione del cinema come corpo. Invece, senza togliere troppo tempo a cose più gradevoli, possiamo facilmente dire che È già ieri è, come buona parte delle copie carbone, genere inventato dagli americani e da non confondere con il remake, un’opera perfettamente superflua, che nulla aggiunge, purtroppo, al magro bottino cinematografico di Antonio Albanese e Fabio De Luigi, attesi entrambi a prove più interessanti. Così come ancora ha tutto da dimostrare Giulio Manfredonia, regista generosamente elogiato per il suo precedente film, che non riesce a dare un ritmo a un film che lascia davvero poco allo spettatore, se non un’incredibile voglia di rivedere l’originale.
di Alessandro De Simone