L’unico ricordo che Ariel (Daniel Hendler) ha di suo padre Mitelman (Diego Korol) è il filmino della festa organizzata per la sua circoncisione venti anni prima. Il giorno dopo quell’evento Mitelman avrebbe lasciato l’Argentina per andare a combattere in Israele. O almeno ad Ariel questo ha raccontato sua madre Sonia (Adriana Aizenberg). Ma sarà stata davvero questa la verità? Cosa nasconde Sonia? L’abbraccio con suo padre è perso per sempre o solo rimandato? Per Ariel, “adolescente in ritardo” dell’Argentina di oggi, trovare una risposta a questi interrogativi non significa solo saperne di più sul passato della sua famiglia, ma anche (soprattutto) capire se stesso. Ruota infatti attorno al tema della costruzione dell’identità El abrazo partido, di Daniel Burman (Orso d’Argento – Gran premio della Giuria al Festival di Berlino 2004). Un tema trattato con ironia e capacità riflessiva dal regista che ha creato un equilibrio convincente tra comicità e dramma. La storia é fatta di aneddoti e piccoli personaggi, a cominciare dalla madre di Ariel che ha un negozio di biancheria intima in una galleria di Buenos Aires, per continuare poi con i suoi “vicini di bottega”: tra questi Osvaldo il cartolaio; gli italiani Salgani che riparano le radio e urlano tutto il giorno; la maliziosa Rita (Silvina Bosco) che gestisce un “Internet Point” e che per Ariel è “come una fidanzata, più o meno”; il fratello che, da buon ebreo, ha il pallino per il commercio; la nonna, un’ ex-cantante ebrea di origine polacca tramite la quale Ariel cerca di ottenere un passaporto europeo per lasciare l’Argentina. La galleria dei negozianti é una torre di Babele del nuovo millennio, in cui tutti si raccontano di continuo. Ed é proprio il linguaggio il punto di forza del film: a questo Burman, novello Woody Allen in versione latino-americana, si affida di continuo come al principale strumento narrativo che, per buona parte del film funziona (in alcuni momenti rischia invece di essere noioso). Strepitose alcune battute come «Uno non va a tagliare il pene ai figli per poi sparire per vent’anni come se niente fosse» o «I nipotini sono un regalo che Dio ci fa per non aver ucciso i nostri figli». Ad incorniciare i racconti sono le immagini instabili, realizzate con la telecamera a mano che insegue i personaggi, ora stando loro col fiato sul collo, ora perdendoli di vista. L’attore uruguaiano Daniel Hendler é molto bravo nel ruolo di Ariel, per il quale nello stesso festival di Berlino ha vinto l’Orso d’argento come miglior attore. Da segnalare, infine, l’omaggio al cinema italiano reso attraverso la citazione del film I girasoli di De Sica, con Mastroianni e la Loren.