Lunghi piani sequenza per raccontare le vite normali di studenti normali prima della strage che lo spettatore respira nell’aria fin dai titoli di testa. Gli U.S.A. sono la nazione in cui ogni anno muoiono più persone causa ferite da armi da fuoco, quindi non stupisce che uno squilibrato qualsiasi possa ordinare addirittura via internet “giocattoli da guerra” giusto per divertirsi un po’, meglio se per fare fuoco contro bersagli in carne e ossa che fuggono terrorizzati. “Perché soprattutto deve essere divertente” come ci ricordano in uno dei momenti più agghiaccianti del film i due baby killer. Con Bowling a Columbine stavamo dentro un documentario in cui il regista Michael Moore si batteva apertamente contro la “filosofia” made in U.S.A. riguardo l’indiscriminata vendita (leggi indiscriminato uso) delle armi. Elephant invece dà la sensazione di non prendere alcuna parte, di non schierarsi né con i killer, né contro essi, scegliendo la freddezza nella caratterizzazione dei personaggi e il distacco da questi per non giudicare.
Ma può davvero il regista di un film come questo mantenersi ‘super partes’? Quel suo continuo procedere all’indietro nella narrazione per raccontare altre esistenze, quanto più possibili, è come voler fermare il tempo per schivare quel pugno allo stomaco che arriva inesorabile, per bloccare quello scoppio di violenza aberrante, insostenibile perché incomprensibile. C’è poco sangue, ma tante vite spezzate per sempre, ragazzi che cadono come burattini a cui hanno tagliato i fili. Van Sant pare voler eternare quel finale senza speranza, se non quelle vittime che abilmente si confondono con i carnefici. Sappiamo che questo non è solo un film, sappiamo che quel dolore quasi fisico provato assistendo alla strage resterà perché così sinistramente reale. Ovviamente la colpa di tale esaltata violenza è dei film e dei videogame, deve esserlo, se no chi guadagnerebbe più con le armi? È per questo che troviamo in questo piccolo miracolo di celluloide il terrore di quell’elefante (leggi problema), così enorme e ingombrante, che sta lì davanti agli occhi di tutti noi ma nonostante la sua mole resta volutamente ignorato.
di Claudia Lobina