Ridere per non piangere. Lo fa Luca Barbareschi annunciando che lo storico Teatro Eliseo di Roma, da lui riportato da due anni a nuova vita, alla soglia dei cent’anni è nuovamente sull’orlo del collasso per mancanza di fondi. Ma il prode Barbareschi, che per restaurarlo e mandarlo avanti ci ha messo di suo un sacco di soldi (5 milioni di euro) e tanto, tanto impegno, tiene duro anche se, commenta amaramente: “Ricevo solo chiacchiere e non fatti. Si spegne l’illusione di poter fare qualcosa”.
Visto che le promesse di finanziamenti avanzate a più riprese dai politici non sono ancora state onorate, per tentare di tenere ancora galla la sua “creatura” , sperando che arrivi nuova linfa per pagare maestranze, pompieri, attori, bollette, ha messo una pietra sopra la messa in scena del suo amato ma troppo costoso Don Chisciotte e la butta sul ridere, mettendo in cartellone dal 13 dicembre all’8 gennaio una bella, comica commedia classica come L’Anatra all’arancia. Per tirar sù il morale suo e degli spettatori frustrati dalla crisi e dai sempre più inquietanti scenari politici, perché, sostiene convinto: “La comicità è una medicina meravigliosa contro il dolore”.
Ha dunque ritradotto, modernizzandola, la versione francese di Sauvajon della commedia scritta nei primi anni Settanta da Williams Douglas, rivoltando come un cappotto vecchio una storia antica e tragica come la vita: il tradimento di una moglie. Una donna ricca, schizzata, stufa dopo venticinque anni di un marito anaffettivo, cui dà vita Chiara Noschese. Luca cura la regia e interpreta il marito tradito, che si inventa uno stratagemma per riconquistarla. Organizza un week end a quattro con la moglie, il suo amante (Gianluca Gobi) e lui con l’ avvenente coatta segretaria (Margherita Laterza). A dirimere lo scompiglio tra esilaranti imprevisti e continui colpi di scena l’interdetto, onnipresente cameriere (Ernesto Mahieux).
“Ciò che muove il meccanismo di questa storia – spiega Barbareschi – è l’incomprensione, l’egoismo non la gelosia. Si scandaglia l’animo umano e le complesse dinamiche di coppia. L’happy ending arriva benefico dopo due ore di spettacolo durante le quali la psicologia maschile e femminile permettono al pubblico di identificarsi coi protagonisti”. Il tutto tra una raffica di battute di spirito raffinate, mai volgari, in una scenografia semplice ma elegante, senza porte che sbattono, con le canzoni molto romantiche di Bruno Martino interpretate da vari cantanti, tra cui Mina.