How happy is the blameless Vestal’s lot!
The world forgetting, by the world forgot
Eternal sunshine of the spotless mind!
Each pray’r accepted, and each wish resign’d (A.Pope)
La promozione di questo film è uno di quei fenomeni che andrebbe studiato nelle scuole di formazione per professionisti del marketing, uno di quegli errori pubblicitari talmente grossolani da dover finire sui libri di testo. Presentare un film raffinato e impegnativo come Eternal Sunshine of the Spotless Mind di Michel Gondry con un titolo che lo potrebbe accomunare a commedie leggere del tipo Se scappi ti sposo o peggio ancora, ad uno dei film che hanno fatto la fama di Carrey come comico, Una settimana da Dio, rischia di far uscire dal cinema dopo dieci minuti (come in effetti è successo nella proiezione privata) chi intenda farsi due risate in totale spensieratezza, e di tenere lontano chiunque abbia invece voglia di un film che fornisca validi spunti di riflessione: quindi di danneggiare irrimediabilmente la diffusione in Italia di questa preziosa pellicola. Per fortuna il vento di opinioni dagli States, unitamente alla critica di qualcuno che abbia avuto modo di vederlo all’estero, (visto che in tutta Europa gira dai primi del 2004), ci permette di presentarci all’appuntamento non del tutto impreparati. Questo non per intimorire lo spettatore ma per evitare di ingannarlo, in modo che abbia una minima cognizione del tipo di film che ha scelto di andare a vedere.
Pulita la nostra mente da ogni preconcetto e da ogni aspettativa, andiamo a fare le presentazioni con Joel Barish. Un ragazzo che si sveglia una mattina, inizia la sua giornata, prende un treno non sapendo nemmeno il perché. Incontra una ragazza attraente…la sua timidezza non gli consente di rivolgerle parola… aspetta che sia lei a farlo. A lei piace, non ne conosce il motivo ma ha l’impressione di averlo già visto da qualche parte. I due si incontreranno ancora. Sembrerebbe una normale storia d’amore se non fosse per il fatto che i due erano già stati insieme per quasi due anni, ma ogni ricordo di questa loro relazione era stato cancellato dalla rivoluzionaria Lacuna Inc., cui avevano entrambi deciso di rivolgersi dopo l’ennesima crisi. Eternal Sunshine è il frutto della seconda collaborazione, dopo Human Nature, tra l’eclettico Michel Gondry (regista di videoclip) ed il visionario Charlie Kaufman (Confessioni di una mente pericolosa, Essere John Malkovich). Da Kaufman, si sa, ci si può aspettare di tutto, ma questo idillio di convulsioni dell’inconscio fatte immagine è davvero sorprendente anche per gli appassionati del suo cinema. Potrebbe definirsi un viaggio tra le regioni psichiche del protagonista, un Jim Carrey ai massimi livelli, reso da Gondry con una convulsa prospettiva atemporale suggestionante ai massimi livelli, e con tutte le possibilità che il cinema possa mettere nelle sue mani.
Gli espediente registici di Michel Gondry scorrono paralleli al bombardamento tecnologico che Barish subisce tra le regioni della sua corteccia celebrale, mentre il suo inconscio ne subisce (e visualizza) le conseguenze. Una vertigine di suoni ed immagini colpisce lo spettatore ogni volta che un evento viene strappato via dalla mente del suo portatore, con un seguente senso di angoscia. I salti temporali sono tanti per tutto il film, ma è facilmente comprensibile: racconta il produttore Anthony Bregman che sia Gondry che Kaufman amano lavorare “…riunchiudendosi in un insieme di parametri e poi giocare con gli stessi”, in questo caso è il tempo l’unico e solo parametro a venir articolato per dar vita ad una seppur illusoria narrazione. I due anni di relazione tra Joel e Clementine (Kate Winslet) vengono “scomposti” nell’arco di una interminabile notte durante la quale altri eventi coinvolgono i personaggi accessori, per altro tutti attori sulla cresta dell’onda (Kirsten Dunst, Mark Ruffalo e Elijah Woods). La notte di Barish viene rappresentata come un vero e proprio paradosso temporale. Ma non è forse la memoria stessa ad esserlo? In campo psicanalitico è ormai diffusa la concezione che la memoria sia un concetto complesso che si insinua nel cuore del divenire, che sia essa stessa il filo conduttore tra passato e presente, e quindi che sia attribuibile ad essa la nostra “percezione del tempo”. Andando ad agire sui remoti recessi della nostra memoria si agisce sulla percezione del tempo e della realtà stessa, ed è proprio questo che i fantasiosi autori di questa perla hanno voluto rappresentare sullo schermo, con una susseguente e molto probabile confusione nello spettatore. Potra piacere o meno, confondere o coinvolgere, ma Eternal Sunshine of the Spotless Mind, rimane la dimostrazione di come Hollywood sia ancora capace di uscire dagli schemi.
di Alessio Sperati