Dal 4 maggio in 500 sale italiane
«Molti credono che un film d’azione non possa avere dialoghi e cuore, noi smentiamo questa convinzione. Per me la famiglia è un valore assoluto. Ci sono troppi divorzi, troppi ragazzi cresciuti con un solo genitore». Lo sostiene il granitico Vin Diesel, produttore e protagonista con Paul Walker e Tyrese Gibson di Fast & Furious 5 diretto da Justin Lin che la Universal ha distribuito nella sale italiane dal 4 maggio in 500 copie. I tre attori sono approdati a Roma per presentare il quinto capitolo della saga su quattro ruote, ambientato stavolta a Rio de Janeiro e incentrato sul furto di cento milioni di dollari di un losco uomo d’affari che, tra sparatorie e inseguimenti adrenalinici, potrebbe cambiare la vita dell’ex galeotto Dom Toretto (Diesel) dell’ex poliziotto Brian O’Conner (Walker) e di Roman Pearce (Gibson).
«Quello della famiglia è un tema ricorrente nel mio lavoro – ci tiene a sottolineare Diesel -. La gente non si aspetta che un action movie possa affrontare temi concreti, o avere dialoghi profondi. Fast & Furious 5, che supera per azione tutti i film precedenti, ha il cuore più grande di tutti». «Parlare della famiglia – gli fa eco Walker – significa ricordare al pubblico che è normale desiderare di sentirsi parte di qualcosa di più grande. È confortante. Un tema semplice, ma molto ricco». Gli eroi del film sono dannati e popolari. «Gli eroi di oggi sono molto cambiati rispetto a quelli interpretati da Stallone – spiega Walker -. Con i social network la gente ha imparato ad apprezzare l’uomo comune, quello che lotta nel quotidiano per ottenere qualcosa. Il mio personaggio è un uomo come tanti che finisce per avere una vita da eroe, è più facile identificarsi in uno come lui».
«I personaggi alla Stallone sono credibili ormai solo nell’ambito dei supereroi dell’Universo Marvel – aggiunge Gibson -, un genere diverso dal nostro, tutto pura adrenalina, energia, sensualità». D’accordo Diesel, nato a New York da padre afroamericano (sconosciuto) e da madre di origini siciliane: «Oggi non c’è più bisogno di avere delle star per vendere un film come questo. Il secondo Fast & Furious ha battuto tutti i record senza grandi nomi, io c’ero solo in un cameo. In questo quinto capitolo ci sono molti grandi attori solo perché lo richiede la storia». Sostiene di non amare i sequel nati solo per esigenze commerciali.
«Per altri miei film sto aspettando la storia giusta da anni. Qui mi ha convinto la trama, per questo sono anche produttore del film, volevo migliorare lo standard del prodotto. Ho accettato di fare un cameo nel secondo film della saga, sollecitato dagli Studios, proprio per ottenere il controllo creativo sugli ultimi tre capitoli. I primi tre non seguivano una vera e propria evoluzione narrativa. Il quinto invece comincia con la stessa scena con cui è finito il precedente, è la mia più grande vittoria su Hollywood. Per me era fondamentale rispettare il pubblico continuando la storia, anziché sfruttare un marchio fortunato come quello di Fast & Furious per raccontare qualcos’altro».
A Walker dispiace che questa saga abbia creato ancora più problemi agli appassionati di corse clandestine. «È successo in tutto il mondo perché i tuners sono un fenomeno internazionale. Io sono cresciuto a Los Angeles, nella vallata di San Fernando e so cosa siano le corse clandestine. Il tuning, cioè la pratica di modificare le macchine, era un fenomeno molto diffuso quando andavo a scuola, ma oggi la polizia ha chiuso molte strade usate per quelle corse. A me piace sempre correre, ho fatto alcune gare, ma in maniera legale, con la mia Bmw M3».
Diesel sembra aver accantonato un suo ritorno alla regia. «Recito da quando avevo sette anni, per me è come una terapia. L’unica cosa che ho diretto è stato il prequel di Fast and Furious 4, ora purtroppo non ho tempo per fare altro. Sarò presto Annibale il conquistatore e il mio obiettivo è di trasformare anche quel film in una trilogia».