Esce in home video “Hannah Arendt” di Margarethe von Trotta
L’importanza della memoria. La ribadisce la regista Margarethe Von Trotta col suo bellissimo film sulla filosofa ebrea tedesca Hannah Arendt, che dopo l’uscita-evento in un centinaio di sale il 27 e 28 gennaio, sarà programmato su richiesta, poi in Dvd e in tv. La tredicenne Sophie Nélisse ha invece scoperto l’importanza della memoria interpretando con estrema bravura il film Storia di una ladra di libri, diretto da Brian Percival, al fianco dei due magnifici Geoffrey Rush e Emily Watson, che Fox porterà nelle sale dal 27 marzo.
Due film da non perdere, che affrontano il tema dell’ Olocausto in chiavi completamente diverse. Il film della Von Trotta è il ritratto di Hannah Arendt, una donna complessa e affascinante che sconvolse il mondo con la sua teoria sulla “banalità del male”. Racconta i quattro anni in cui la filosofa (magnificamente interpretata da Barbara Sukowa), assiste e scrive del processo al criminale nazista Eichmann. Contestata dai più, sostenuta solo da pochi amici per la sua visione penetrante dell’Olocausto e per l’interpretazione rivoluzionaria delle gesta del nazista. Il suo punto di vista coraggioso e originale la renderà un’outsider. “In un’epoca in cui molte persone si sentivano obbligate ad aderire a un’ideologia precisa – spiega la regista -, lei rappresentava un esempio luminoso di qualcuno che rimane fedele alla sua visione particolare del mondo. Il nostro film si concentra su quei quattro anni turbolenti (1961-64) in cui le vite della Arendt e di Eichmann si incrociano in un confronto esplosivo. Di lei mi ha attirato la combattente capace di difendere le proprie idee senza sottrarsi ad alcun confronto, per capire, la sua ricerca per comprendere il mondo e le persone, il suo pensiero sul totalitarismo, sul collasso morale dello scorso secolo, sull’autodeterminazione e la libertà di scelta”.
Tono decisamente più lieve nell’affrontare l’Olocausto è quello scelto dal regista Percival nel film tratto dal bestseller La bambina che salvava i libri dello scrittore australiano Markus Zusak (otto milioni di copie vendute in tutto il mondo, tradotte in oltre trenta lingue, almeno una dozzina di premi letterari) che racconta in modo lieve una storia tenera e commovente ambientata in un angolo della poverissima Germania della seconda guerra mondiale. Protagonista è Liesel (Nélisse), una vivace e coraggiosa ragazzina figlia di dissidenti affidata ai coniugi Hubermann, un disoccupato buono e gentile (Rush) e la sua ruvida e irritabile moglie Rosa (Watson). Taciturna e analfabeta, la ragazzina troverà un valido alleato nel padre adottivo che di notte in cantina le insegnerà a leggere. A cambiarle carattere e vita saranno il suo amore crescente per la lettura, l’attaccamento a un giovane ebreo nascosto in cantina e l’amicizia con un coetaneo vicino di casa.
Zusak si è ispirato alle storie narrate dai suoi genitori quando era ancora un bambino in Australia. “Era come se un pezzo d’Europa entrasse nella nostra cucina quando mamma e papà raccontavano di come fosse crescere tra Germania e Austria, dei bombardamenti di Monaco, dei prigionieri che i nazisti facevano sfilare per le strade – racconta -. Sono state queste storie a spingermi a diventare scrittore. Era un’epoca di estremo pericolo e malvagità, mi hanno profondamente colpito i tanti gesti di umanità compiuti in quei tempi cupi. Il mio libro parla della capacità di trovare la bellezza anche nelle situazioni più orrende. Uno dei punti centrali della storia è che mentre Hitler sta distruggendo la mente delle persone con le parole, Liesel si appropria di quelle stesse parole per scrivere una storia completamente diversa”.
Una storia che la giovane attrice canadese, ex ginnasta aspirante ai giochi olimpici, ha invece scoperto preparandosi al film. “Come tanti miei coetanei non sapevo nulla sull’Olocausto – ammette, presentando la pellicola a Roma con il regista e la coprotagonista Emily Watson-. Mia nonna nata in Belgio durante quella guerra mi raccontava certi episodi, ma molto l’ho scoperto girando il film”. Con l’ascesa del partito nazista la libertà di espressione fu ferocemente repressa, i libri venivano bruciati in piazza. Al popolo tedesco si diceva cosa credere cosa pensare e cosa leggere, ma nonostante questi ostacoli apparentemente insormontabili Liesel, imparando a leggere, conquista la capacità di essere creativa, di pensare con la propria testa, di non andare a rimorchio delle idee degli altri. “La cultura, da sempre osteggiata da ogni regime, – sottolinea la Watson – segna il confine tra barbarie e civiltà. Questo film è stato uno studio storico su ciò che succedeva in tante case della Germania di allora”. L’attrice inglese interpreta una donna arcigna ma, in fondo, dal cuore d’oro. “Per un attore interpretare un personaggio sgradevole anche fisicamente è facile – spiega – è come indossare una maschera che ti consente di lasciarti andare. Questa donna è il centro di gravità della storia, non vive mai nel presente, è frustrata da povertà, disoccupazione, tristezza, con un marito dalla caratura morale notevole, finchè, in una situazione di grave pericolo, si sveglia, cambia e insieme prenderanno una decisione fondamentale”.