In occasione delle festività natalizie le major cinematografiche non si lasciano sfuggire l’opportunità di offrire alle famiglie commedie a tema che le possano riunire davanti al grande schermo: Christmas with the Kranks è proprio un pallido tentativo di “commedia panettone”, ma all’insegna del già visto. Molti ci ritroveranno infatti situazioni caratteristiche di film quali National Lampoon’s Christmas Vacation, della serie Santa Claus (di cui Tim Allen è stato protagonista) e di tanti altri esempi, non tuttavia rinnovandone la freschezza, ma ponendosi come fanalino di coda. Il film, pur essendo un adattamento del romanzo Skipping Christmas di John Grisham, allontanatosi per una volta dalle aule di tribunale, non riesce ad offrire spunti interessanti, tantomeno la sceneggiatura di Chris Columbus. Tim Allen, ormai specializzato in commedie di serie B, è Luther Krank, padre di famiglia che prende la coraggiosa decisione, vista l’assenza della figlia in missione umanitaria in Perù, di prendersi una “vacanza dal Natale”. Lui e la moglie Nora (ultima interpretazione di Jamie Lee Curtis prima del già annunciato ritiro) utilizzeranno tutti i soldi abitualmente spesi per addobbi, cenoni e regali vari, per una splendida vacanza ai Caraibi. Un’idea che parrebbe geniale agli occhi dei due coniugi se non venisse rovinata dal curioso vicinato, irritato dal “buco nero” lasciato da casa Krank non addobbata come le altre nella stessa strada e dall’improvviso arrivo della figlia Blair che ha deciso all’ultimo momento di trascorrere le vacanze a casa.
Le occasioni di comicità, prettamente fisica e quasi mai dialogica, sono raggruppate nella prima parte del film, dove le gag sono però quanto mai prevedibili: Luther che cade mentre monta gli addobbi natalizi, Nora che combatte per l’ultimo prosciutto rimasto al supermarket, scivolate sul ghiaccio e roba del genere. Basta andare a ripescare qualsiasi commedia natalizia per ritrovare le stesse situazioni. L’idea di partenza, inserita in un contesto anti-Natale in cui spicca anche il cinico Bad Santa, non era male, anche grazie allo sforzo di Grisham, ma Fuga dal Natale non riesce a sollevarsi dal suo scranno di banalità, non offrendo nulla di nuovo sul tema del Natale. È un’ovvia e ripetitiva girandola di ripetizioni e di comicità fisica di cui si intuisce perfettamente ogni singola evoluzione, compreso l’inevitabile finale moralista. Il cast è in particolar modo sprecato (dispiace che questo debba essere il testamento professionale di Jamie Lee Curtis) e Dan Aykroyd è l’unico forse nei suoi atteggiamenti che riesce a strappare qualche risata.
di Alessio Sperati