La grande macchina degli Oscar non l’ha premiato, ma ora ci ha pensato l’Accademia del Cinema Italiano a conferirgli il giusto riconoscimento. Io Capitano di Matteo Garrone è il miglior film dell’anno. Vince su tutti conquistando ben 7 David di Donatello, superando di una lunghezza l’acclamatissimo C’è ancora domani di Paola Cortellesi. Conquista le altre sei statuette per la miglior regia, il miglior montaggio, la migliore fotografia, per gli effetti visivi, il suono, il produttore.
Peccato che la serata di gala svoltasi nel mitico Studio 5 di Cinecittà, sia stata velata dalle note di amarezza espresse dalle maestranze premiate. Scenografi, costumisti, arredatori, parrucchieri, truccatori, relegati negli attigui Teatro 14 e 18, disadorni, lontani dallo sfavillio di luci e dal pubblico festante, hanno ricevuto frettolosamente l’ambita statuetta, guadagnata davvero col sudore della fronte, sentendosi trattati come lavoratori di serie B.
Garrone, commosso e umilmente come sempre, ha spiegato la genesi del suo splendido film, che mostra in modo durissimo ma estremamente poetico il tremendo viaggio di due giovani africani verso l’Europa. “L’ho scritto per far sentire le storie chi di solito non viene ascoltato e far vedere quelle parti di viaggio che di solito non vengono viste – ha spiegato il regista -. L’ho girato con chi realmente ha vissuto quell’odissea contemporanea, tutte le comparse erano migranti che hanno fatto quei viaggi e mi hanno aiutato sul set a ricostruirle. Mi sono sentito regista ma anche spettatore. Se il film è arrivato così lontano è grazie all’interpretazione straordinaria dei due protagonisti, così pura, vera, intensa. Chi ha vissuto questa esperienza è un sopravvissuto che ha subito queste violenze e visto i diritti umani calpestati”.