“Farò la versione originale, quella scritta dall’Autore”. Parola di Roberto Benigni che il 15 e 16 dicembre interpreterà alla sua maniera i “Dieci Comandamenti”, in prima serata su Rai1.
L’attore, regista, comico toscano è stato accolto in pompa magna nel Salone degli Arazzi di viale Mazzini, preceduto da un filmato col meglio dei suoi 42 anni di presenze sulla tv pubblica, per annunciare, con vistoso anticipo, il suo nuovo evento che, a due anni dalla lettura della Costituzione Italiana, di certo farà nuovamente impennare l’Auditel, finalmente con un’operazione culturale di spessore. Cosa ormai sempre più latitante sulla rete ammiraglia, forse paga degli ascolti racimolati con le repliche di Montalbano, con qualche fiction, con gli show en travesti di Carlo Conti.
Benigni spiega com’è nata l’idea di portare in tv i Dieci Comandamenti. “Per paradosso, lo dissi come boutade dopo la Divina Commedia. Sono le dieci frasi più famose della Bibbia, chiunque le conosce – sottolinea con enfasi (pur non rinunciando a dar sfogo alla sua vena goliardica annunciando per il futuro l’”esegesi dei 7 nani, con Brontolo in testa”) -. Quando ho cominciato a entrare nell’argomento mi sono impressionato, hanno segnato la vita, la morale, l’etica del nostro mondo- continua serio – mi hanno dato una forte emozione, parlano di verità, d’amore. L’Esodo della Bibbia è stato l’ispirazione di ogni movimento di libertà, ti lascia stupefatto, entra nell’infinito della nostra vita. E’ un nutrimento che fa bene alla salute. Comincerei ora e finirei a Natale”.
Voleva fare dieci serate, dovrà accontentarsi di due, per spiegare ai telespettatori quella che definisce la più bella storia del mondo. “E’ la legge dei sentimenti – dice con fervore -, per la prima volta si danno delle regole, ancora attuali dopo tremilacinquecento anni (e calca ironicamente la voce sul “non rubare”), l’ amore, la fedeltà, il futuro diventano legge. Bisogna crederci, essere fiduciosi. Meno male che si sono fermati a 10, se arrivavano a 18 figuriamoci le discussioni”. Chiaro riferimento alla revisione voluta dal premier dell’articolo che tutela i lavoratori. “Il lavoro da noi è sparito anche come parola, è diventato Job. A Renzi gli voglio bene – ghigna -. Silvio per vent’anni è stato un bell’argomento, ora c’è Matteo, ce lo troveremo davanti sicuramente, ci saranno riferimento all’attualità, ma in maniera festosa – rassicura Benigni -.Non sarà un discorso mistico, la mia legge resta quella dello spettacolo”.
Non ha potuto fare a meno di confrontarsi con vari studiosi. “Da solo non ce l’avrei mai fatta – ammette -, è un tema su cui non puoi giocare senza approfondire, ho ascoltato tantissime voci, di laici e religiosi, da Mosè al cardinal Ravasi. Dai dialoghi con queste persone si esce arricchiti”.
Si dice “esterrefatto, sconcertato, incredulo” per l’ennesima, disastrosa alluvione di Genova: “Di Comandamenti ce ne sono almeno 3: non rubare, non ammazzare, non dire falsa testimonianza”.