Presentato a Roma l’ultimo lavoro del regista italo-turco
Sei solo e depresso? Un fantasma ti salverà. Anzi un gruppo di teatranti d’atri tempi, di ogni sesso e età, nascosti dall’ultima guerra nella casa dove l’aspirante, frustrato attore, Elio Germano, ‘cornettaio’ di notte per sbarcare il lunario, andrà a vivere per sdoganarsi da un’invadente e ingombrante cugina (Paola Minaccioni). È questa, in sintesi, la ricetta di Ferzan Ozpetek che stavolta, nel film Magnifica presenza, distribuito in 400 copie da 01 Distribution dal 16 marzo, ricorre ai fantasmi per esorcizzare la paura della morte e l’incapacità di inseguire fino in fondo i propri sogni.
Inconsapevolmente sull’onda dei recenti pluripremiati agli Oscar The Artist e Werlcome in Paris, anche il regista turco-romano sfoga la propria insoddisfazione per il presente portando indietro le lancette del tempo ai primi del Novecento e, strizzando vistosamente l’occhio al Pirandello dei Sei personaggi in cerca d’autore, fonde quell’antica atmosfera dai look sofisticati, carica di suggestioni, con i tempi nostri, che fanno rimpiangere vivamente il passato.
Per dar vita alle sue otto presenze e alla star di un tempo della compagnia, ha scelto un ottimo cast formato da Margherita Buy, Beppe Fiorello, Vittoria Puccini, Andrea Bosca, il suo conterraneo Cem Yilmaz, Claudia Potenza, il baritono Ambrogio Maestri, un giovanissimo attore e la grande Anna Proclemer, praticamente debuttante nel cinema. Indiscutibile la qualità della loro interpretazione, della regia, delle atmosfere. Malgrado ciò la storia non arriva a toccare l’animo dello spettatore fino in fondo. Dove invece voleva arrivare il regista con quello che definisce il suo film «Più complesso, perché mescola divertimento, lacrime e dramma».
«È la prima volta che affronto il concetto di paura con uno sguardo più positivo – spiega Ozpetek -. La morte mi scoccia tantissimo, mi irrita molto perdere le persone care anche se le sento vicine in certe situazioni. È la storia di una rinascita emotiva in cui la forza del sentimento fa superare anche le paure più profonde». Pietro, il protagonista, ha un ruolo di scopritore di verità nascoste . «Si ritrova come una sorta di Pinocchio in mezzo a personaggi particolari che cercano in lui qualcosa per risolvere i loro casi privati – spiega Germano -. Attraverso la sua solitudine e la sua alienazione viene raccontata una società che accetta solo gente omologata, dov’è difficile integrarsi».
Il fatto che sia omosessuale, spiega, non è determinante. «Ma amplia la sua sensibilità. Pietro è una persona fragile, che si appassiona agli altri, alle vicende personali degli ‘ospiti’ della casa, cerca di indagare sulla loro vita – continua l’attore romano -. Anche la cugina lo assilla coi suoi problemi e lui si ritrova tra due fuochi. È un film sull’orgoglio della fragilità, della sensibilità, della diversità, su persone che si sentono in colpa per la loro inadeguatezza. Sono più emotive, disponibili, per questo migliori. Occuparsi degli altri oggi è raro, sembra fuori moda, non crea guadagni però dona una ricchezza più profonda, più umana».
«Sono un pigmeo del cinema – dice di sé Anna Proclemer -, non amo i registi, soprattutto quelli teatrali, ma con Ferzan ti senti talmente amato come attore che ti accoccoli tra le sue braccia. Una cosa non gli perdono: mi ha invecchiata!». «È una delle figure più belle della storia del teatro italiano – dice di lei il regista -, a 88 anni ha un viso molto moderno. Quando le ho offerto il ruolo di una cattiva mi ha risposto: ‘Quanto mi piacciono le bastarde!’». «Mi ha colpito la capacità di Ferzan di tenere gli occhi aperti su tutto – dice Vittoria Puccini -. È stato bello giocare con un look molto femminile, sofisticato, elaborato». «Sono un ‘ultra’ di Ferzan – racconta l’Ad di Rai Cinema, Paolo Del Brocco – mi ha proposto il film durante una cena, è veramente magico, avrà lunga vita».