Torna il cinema esploratore dell’intimo di André Téchiné, polo di attrazione del miglior cinema francese contemporaneo e di un circuito attoriale d’elite. Dopo film di indiscussa qualità artistica come Loin – Lontano, Niente baci sulla bocca e L’età acerba, Téchiné ci porta a Tangeri per raccontarci l’amore tra Antoine e Cécile attraverso il tempo ma soprattutto attraverso gli ostacoli di una vita fatta di scelte, di allontanamenti, di privazioni. Cécile (Catherine Deneuve) è stato il primo e più grande amore di Antoine (Gérard Depardieu), ma al contrario dell’uomo che vive di ricordi, lei si è rifatta una vita. Di professione fa la giornalista radiofonica ed ha sposato un medico marocchino con il quale ha un figlio che vive in Francia. Tutto ciò potrebbe voler dire felicità, magari lo sembra, ma a tutti gli effetti non lo è. Da tempo ormai Cécile non ama più il marito; il figlio è dichiaratamente bisessuale e pur vivendo a Parigi con una donna, oltretutto tossicodipendente, porta avanti una relazione con il marocchino Bilal. Antoine, dopo essere venuto a conoscenza dell’attuale recapito della donna, si inventa un pretesto lavorativo per recarsi a Tangeri e dare il via a un corteggiamento ossessivo.
Non sarebbe Techiné a raccontare questa anti-favola se non ci fossero i presupposti per mettere in discussione tutte le certezze di una vita. Con un eccesso di zelo il regista francese sposta spesso l’angolo di visuale dal rapporto tra i due protagonisti agli scorci d’Africa, ai sub-plot del figlio Sami e della sua compagna Nadia in fuga dalla sorella gemella Aicha (interpretata in entrambi i casi dalla bravissima Lubna Azabal). Poi arriva l’incidente – espediente narrativo inflazionato dal cinema di ogni tempo, ultimamente anche da Ozpetek, Muccino e Almodovar – a rompere le strutture della quotidianità, a mettere in discussione tutto e tutti. E proprio come in un libro che appassiona, si resta incollati alle storie intrecciate de I tempi che cambiano per sapere come andrà a finire, anche se molte domande non troveranno risposta. Questo non è cinema dell’illusionismo.
di Alessio Sperati