Medusa ci riprova. Dopo il successo ottenuto con il duo comico Alee Franz con Mi fido di te, torna sotto il tendone di Zelig per prelevare un’altra coppia diventata mitica. E’ la volta dei palermitani Ficarra e Picone, all’anagrafe Salvo e Valentino, che in coppia con Giambattista Avellino scrivono e dirigono una commedia ben costruita ed efficace nei tempi e nella costruzione narrativa. Il 7 e l’8, nelle sale dal 16 marzo distribuito da Medusa con 250 copie, racconta la vicenda di Tommaso e Daniele, due trentenni profondamente diversi per temperamento, livello sociale e storia personale. Daniele è uno studente di Giurisprudenza otto anni fuori corso con una fidanzata autoritaria assistente universitaria. Tommaso sfaticato ed approssimativo, vive di espedienti sempre in fuga da polizia e carabinieri. Dopo un incontro scontro del tutto casuale i due cominceranno a frequentarsi, scoprendo di avere in comune la data ed il luogo di nascita. Da questo momento in poi scatta una commedia degli equivoci fino a rivelare un beffardo scambio di culle e neonati. Con una sorta di leggerezza trasognata ed uno sguardo sorridente e divertito il duo costruisce una vicenda onestamente intenzionata a far sorridere senza rasentare l’idiozia. La freschezza e la sincerità utilizzate caratterizzano un prodotto che mantiene perfettamente le promesse fatte.
Una sceneggiatura costruita con attenzione e meticolosità allontana il rischio di un film strutturato esclusivamente sulla memoria storica dei due comici, e li inserisce in una storia vera e propria del tutto indipendente dalle maschere utilizzate fino ad oggi. Gli schemi della comicità sono tra i più classici e rintracciano le origini in una tradizione che, senza troppa fatica, riporta a Totò ed alle sue spalle storiche ricordando anche la coppia Franco e Ciccio. Ficarra e Picone, circondati da un cast di grandi professionisti come Andrea Tidona, Tony Sperandeo, Remo Girone e Arnoldo Foà, dato che secondo i due “qualcuno che sapeva fare questo lavoro doveva pur esserci”, funzionano anche al cinema mettendo a disposizione della storia il loro menage artistico e personale piuttosto esuberante. A rendere ancora più prezioso questo film una Palermo finalmente normale. La città che ci viene proposta non ha morti ammazzati, è priva di spargimenti di sangue e della mafia c’è solo un vago e divertito sentore. In compenso abbiamo cani che passeggiano indisturbati, vie il cui nome è scritto in italiano, ebraico ed arabo ed una realtà dove la gente lavoro ogni giorno ed alcuni si permettono anche il lusso di morire di cause naturali. Certo c’è sempre la minaccia conclusiva di una Valeria Marini che legge Dante, ma è pur vero che alla vita non si può chiedere troppo.
di Tiziana Morganti