L’omicidio di Pierluigi Torregiani, il famoso caso di cronaca nera che si intrecciò con il terrorismo degli anni di piombo, è al centro dell’intenso film di Fabio Resinaro Ero in guerra ma non lo sapevo, prodotto da Luca Barbareschi con Rai Cinema, che arriverà in duecento sale il 24, 25 e 26 gennaio con 01 Distribution. Nei panni del gioielliere milanese un ottimo Francesco Montanari con Laura Chiatti nelle vesti della moglie Elena.
Il film, ispirato alla vicenda, racconta una pagina recente della nostra storia carica di sangue e violenza, devastata da frequenti rapine nei ristoranti milanesi, nelle gioiellerie, che gettarono volutamente il panico tra la gente, costringendola a restare in casa. Una sorta di lockdown dettato dalla paura, collegabile a quello che stiamo vivendo in oggi, per ragioni sanitarie.
Torregiani venne assassinato a Milano il 16 febbraio 1979. L’omicidio, messo a punto da Cesare Battisti, inizialmente attribuito alla malavita milanese, fu poi rivendicato dai Proletari Armati per il Comunismo (PAC) che professavano solidarietà alla criminalità che si riappropriava dei beni e giustiziavano chi rispondeva alle rapine con le armi. L’intreccio tra terrorismo e delinquenza trasformò imprenditori, negozianti, giudici in bersagli politici. Furono diversi gli omicidi perpetrati nei confronti di chi reagiva, rispondendo al fuoco. L’opinione pubblica si divise tra chi sosteneva le vittime e chi le accusava di farsi giustizia da sole.
Resinaro ci mostra un uomo ruvido, spavaldo al limite dell’arroganza nel difendere i suoi sogni, i suoi progetti, coinvolto suo malgrado nell’ingranaggio devastante dei media. Per il regista non era importante capire se avesse ragione o torto, quanto sottolineare le difficoltà cui andò incontro pur di non accettare ciò che reputava profondamente ingiusto.
“La storia non si chiude del tutto col film ( a febbraio in onda su Rai 1)che dà una giusta prospettiva del linciaggio mediatico che sfociò con quell’ efferato omicidio” aggiunge Alberto Torregiani, colpito col padre nell’ attentato che lo ha reso invalido.
“Non è un docufilm – sottolinea Montanari -, non ho interpretato il vero Torregiani ma un uomo sicuro di sé che messo alle strette sminuisce il problema. E’ aggressivo perché coinvolto in una dinamica arrogante cui non vuole sottostare, tradito da certa stampa che lo dipinge come uno sceriffo pronto a farsi giustizia da solo. Un artigiano che non accetta che la sua vita possa cambiare per volontà altrui, un borghese ambizioso, all’inizio antipatico, la cui testardaggine crea irritazione”.
Dal canto suo Barbareschi teneva molto a portare sullo schermo questa vicenda. “Il cuore del Paese è stato pugnalato, ci voleva come sempre un capro espiatorio. Non sopporto il linciaggio fatto allora da certa stampa contro una vittima borghese- spiega l’attore-. Il film parla di noi oggi, racconta il pubblico attraverso il privato, il balletto di certi media che hanno flirtato col terrorismo degli anni ‘70”. E cita le parole pronunciate da Cesare Battisti al momento dell’arresto in cui affermava di non essere mai stato vittima di ingiustizia ma di aver preso in giro tutti quelli che lo aiutarono.