Passare da Sex and the City al Diavolo veste Prada è un gioco da ragazzi. Basta prendere come base uno dei più venduti e tradotti best seller rosa ( l’omonimo libro di Lauren Weisberger uscito nel 2003 è stato tradotto in ben 27 lingue e ristampato varie volte), arricchirlo di una grande interprete come Maryl Streep, di una giovane promessa come Anne Hathaway, senza dimenticare i raffinati ed ambiti accessori firmati, vero Santo Graal per qualsiasi fashion victims, per godere di un successo sicuro e meritato. Dotato della stessa sferzante e disinibita ironia che è stata per sei stagioni il marchio distintivo del successo ottenuto dalle quattro più famose newyorkesi prodotte dalla HBO, David Frankel, dopo una sua prima apparizione nel mondo del cinema nel 1990 ( Bebè mania, Nervous Ticks e Promesse e compromessi), torna al grande schermo con un prodotto confezionato ad arte come un accurato e glamour fahion magazine. La patinatura delle immagini filmate, l’utilizzo di colori accesi e di atmosfere chic sembrano volerci portare indietro nel tempo alla tradizionale commedia americana anni cinquanta ( Insieme a Parigi ,1964, Cenerentola a Parigi,1957, Come sposare un milionario, 1953 ) a tutt’oggi arricchita da una velocità di reazione assolutamente moderna ed attuale.
Ma Il diavolo veste Prada non è solamente l’equivalente in movimento di una prestigiosa rivista di moda ( pare che dietro la testata Runway si nasconda la famosa e sacra Vouge e che Anna Wintour, direttrice dell’edizione americana, abbia ispirato la figura della terribile ed incontentabile Miranda) , quanto una vicenda dove il sofisticated humor e la sagace ironia sono le armi offerte a Maryl Streep e Stanley Tucci per dimostrare la differenza tra talento ed improvvisazione in due ruoli sicuramente insoliti per entrambi. Tra lazzi, affanni, scarpe di Manolo Blahnik e telefonate improvvise di Dolce e Gabbana, la Streep e Tucci tratteggiano le divertenti nevrosi di un mondo che, pur vivendo fra sete, pizzi e merletti, assume la stessa grave serietà di un centro di ricerca per malattie rare. Protagonisti assoluti o caratteristi dall’impronta potente, i due attori giocano una partita davvero importante in un film a cui regalano atmosfera, ritmo e personalità, mentre la giovane Hathaway ( I segreti di BrokeBack Mountain, 2005) esibisce la tenera ed elegante purezza di una moderna Audrey Hepburn. A fare da sfondo una rutilante ed indaffarata New York ed una eterna quanto romantica Parigi, complici diverse e consapevoli nel ricreare un fascino a cui è difficile sfuggire, soprattutto su di un sofisticato paio di stivali firmati Armani.
di Tiziana Morganti