Le dinamiche psicologiche del femminicidio le racconta Edoardo Leo nel suo film Non sono quello che sono, una durissima dark comedy nelle sale dal 14 novembre. Una rilettura in chiave moderna dell’ Otello scespiriano, tragicamente contemporaneo. Un’idea che Leo aveva in cantiere da una quindicina di anni e ora l’ha sceneggiata, coprodotta con Fulvio e Federica Lucisano, Sydney Sibilia, Matteo Rovere, realizzata da regista e calandosi nei panni di Iago, al fianco di Jowad Moraqib (Otello), Ambrosia Caldarelli (Desdemona), Antonia truppo, Matteo Olivetti, Michael Schermi, Vittorio Viviani.
L’artista a tutto tondo ha dunque riletto l’opera esattamente com’è stata scritta, con la sola forza del dialetto a riportarla al presente. Iago, Otello, Desdemona sono purtroppo ancora tra noi. Ambientata nei primi anni 2000, una storia senza tempo in cui il bene e il male si mescolano in un vortice di inganni, tradimenti e folle gelosia.
Da un fatto di cronaca è partita dunque una lunga ricerca per pensare un adattamento contemporaneo che fosse il più possibile rispettoso dell’originale. “Razzismo, violenza, invidia sociale, maschilismo, femminicidio, un’indagine sul male di una modernità sconcertante per una drammaturgia che ha più di 400 anni – spiega Leo -.Racchiusa nella frase di Iago che più di tutte suggerisce la profondità dell’analisi psicologica che questo testo opera sui suoi personaggi e ancora su di noi, indagando nelle nostre contraddizioni. E che dà il titolo a questo film”.
Spiega quanto sia tato fondamentale avere letto Shakespeare da giovane, averlo studiato durante la sua formazione teatrale, recitato, e ora affrontato in modo più approfondito a 50 anni. “Sono stato sempre molto colpito da quanto le sue opere continuino comunque a parlarci a distanza di secoli. Ricordo la mia grande soddisfazione nel poter mettere le mani da regista su un materiale emotivo che conoscevo molto bene, nel cercare di lavorare ogni giorno su un testo magnifico, importante e potente e da riscoprire. Ho potuto lavorare con una totale libertà ma mi sono imposto di non modificare mai, per nessun motivo, le parole del testo originale”. La sua idea era riuscire a tradurre integralmente l’Otello eliminando la pietas nei confronti dell’eroe romantico vittima del troppo amore, mostrando la sua responsabilità. evidenziando come fosse in realtà il carnefice di Desdemona. “Otello è la storia di un femminicidio, viene chiamato la Tragedia di Otello ma si dovrebbe chiamare La tragedia di Desdemona”.
Ha organizzato decine di incontri con studenti universitari per un momento di riflessione collettiva, offrendo loro le chiavi di lettura giuste, rendendosi conto di come i giovani siano molto più interessati a questi temi di quanto si possa immaginare, perché li riguardano direttamente. “A volte si parla in maniera superficiale di nuove generazioni distratte, svogliate e interessate soltanto ai social – racconta Leo -, abbiamo invece scoperto con grande soddisfazione ragazzi e ragazze che avevano piena coscienza dei temi di cui abbiamo parlato e anche paura per quello che sta accadendo intorno a loro. E’ stato bellissimo verificare quanto Shakespeare sia ancora profondamente “rock” e porti con sé tutti gli stilemi di qualcosa che ai giovani piace perché è contemporaneo, poetico, violento, energico e tocca la loro sensibilità, fa battere il cuore, muove i moti dell’anima e non li lascia mai indifferenti”.