Il torinese Flavio Moretti, ben conosciuto per i suoi cortometraggi premiati con entusiasmo all’interno di importanti festival americani (Troppi guai per Wilbur ha ottenuto il quarto premio alla trentacinquesima edizione del Festival Internazionale del Cinema e Video di New York, mentre Il cerchio ha ottenuto un riconoscimento alla ventottesima edizione dell’Annual World Fest – Huston International Film e Video Festival) tenta la sua prima esperienza in un lungo metraggio dirigendo Il magico Natale di Rupert, una fiaba dalle particolari risoluzioni visive mal sostenute da una trama non troppo omogenea e coinvolgente. La vicenda del giovane Rupert che durante le vacanze natalizie trascorse dalla nonna scopre un mondo fantastico composto da fumetti animati, alieni e particolari invenzioni, conduce lo spettatore ad un passato visivo ben preciso che si identifica facilmente con gli “incubi” bartoniani e la realizzazione artigianale ed a tratti fumettistica di effetti speciali che sembrano datati anni cinquanta. Una sensazione di deja-vù che certo non danneggia la realizzazione di questo coraggioso progetto tutto italiano, ma che comunque non è risolutiva per la creazione di un prodotto completo in ogni suo aspetto.
Il ritmo narrativo, ancora una volta, sembra non essere all’altezza di una capacità descrittiva capace di unire con particolare maestria la moderna computer grafica con la tradizionale tecnica dei modellini. Rupert (Gianmaria Corolla) si aggira lungo gli ambienti del set (completamente ricostruito all’interno dell’Unistudio a Torino) cercando di seguire percorsi di una comicità che appare fin troppo controllata e programmata, tanto da perdere il fascino di uno spontaneo coinvolgimento. Nonostante si tratti di un prodotto rivolto ad un pubblico prettamente giovanile (è stato presentato durante la serata finale del Festival di Giffoni edizione 2004) sembra rispecchiare con particolare onestà i gusti cinematografici e fumettistici di un adulto, prestando ben poca attenzione alle necessità ed alle richieste di una generazione precocemente abituata ai ritmi frenetici e martellanti dei videogiochi. Ecco, dunque, l’unico reale appunto da rivolgere a questo particolare progetto che, nonostante la sua incompiutezza, va ad aprire l’interessante e poco percorsa strada dei film dedicati ai ragazzi, un territorio che fino ad oggi è stato oggetto di conquista americana e che potrebbe offrire alla produzione italiana una nuova ed inaspettata possibilità espressiva.
di Tiziana Morganti