A decretare la prossima e inesorabile morte del cinema italiano è la mancanza di idee. A farne le spese è soprattutto la commedia all’italiana, vedova di storie e sceneggiature originali che invoglino un pubblico sempre più distratto, e con mezzi economici in picchiata, a tornare a frequentare le sale. L’ennesimo esempio viene dalla geniale idea di proporre una nuova versione di un film culto come Il vedovo firmata dal grande Dino Risi una cinquantina d’anni fa. Allora era Sordi il “cretinetti” che sognava di far fuori la ricca e odiosa moglie imprenditrice, abilmente impersonata da Franca Valeri.
Oggi l’Aspirante vedovo, portato sullo schermo dal regista Massimo Venier, è Fabio De Luigi, più impegnato a cercare di non imitare l’illustre predecessore che a dare smalto al suo personaggio. È Alberto Nardi, imprenditore fallito, che sogna di far fuori la moglie ricca e tiranna, impersonata stavolta da Luciana Littizzetto, per godersi beni, potere con la giovane amante. L’attrice piemontese ammette presentando il film di non aver chiesto il permesso, ma scusa, alla Valeri. “Franca era contenta che lo facessi, non darà giudizi, mi vuole bene – racconta con un filo di imbarazzo -. Il confronto è perdente, sappiamo che non siamo loro, volevamo far arrivare ai giovani quel modo cinico di fare comicità”. Peccato che qui la comicità sia proprio assente. E non saranno certo i giovani, drogati da Internet, a trovarci qualsivoglia godimento. “Non sono mica pazzo a confrontarmi con Sordi, recitando ho cercato di dimenticarlo – si schermisce De Luigi – (e non sempre c’è riuscito). Il copione era bello, mi sono detto: perché no?”. Guardi bene il film finito e capirà l’errore.
Scusa invece, e a gran voce, al grande Risi, dovrebbe chiederla Beppe Caschetto (che ha prodotto il film con Rai Cinema, che lo distribuirà dal 10 ottobre con 01 in più di 400 copie), che è andato a disturbarlo nel 2006 (un paio d’anni prima che morisse) per ottenerne il diritto di replica. E il risultato è questo filmetto senza nerbo, che non stupisce e non fa ridere del malcostume in cui l’ italico popolo di politici, porporati e imprenditori trafficoni, in mezzo secolo non ha mai smesso di sguazzare. Anzi!
“Ogni remake è un omaggio. Questo era un pretesto per raccontare l’oggi, come le cose non sono cambiate, senza un briciolo di presunzione” mette le mani avanti Michele Pellegrini, che con Venier e Ugo Chiti ha sceneggiato il film. “E’ un omaggio anche agli sceneggiatori – mette il carico Venier -. Alberto Nardi è un personaggio d’oggi – spiega -, a Milano gli imprenditori sono tutti come lui. Negli anni Sessanta la città era tutta una gru per via del boom, oggi è lo stesso in vista dell’Expo, tutti cercano di approfittarne”. Con queste dichiarazioni, non farà forse incetta di biglietti al botteghino ma magari potrà incamerare qualche bella querela.
Ma la “pezza” peggiore la mette l’Ad di Rai Cinema, Paolo Del Brocco. “Il film prende lo spunto da quella storia, è meno amara. E’ un tentativo di uscire dalla commedia caciarona – spiega -, volevamo riavviare il filone della commedia intelligente”. Copiando, e malamente, un capolavoro?