“Smetto quando voglio”, divertente commedia sul precariato in sala dal 6 febbraio
È con il grido “Meglio ricercati che ricercatori” che il popolo dei precari senza speranza approda sul grande schermo con Smetto quando voglio, ottima opera prima del trentatreenne salernitano Sydney Sibilia, dal 6 febbraio nelle sale con 01 Distribution. Ottima anche la scelta del cast (Edoardo Leo, Valeria Solarino, Valerio Aprea, Paolo Calabresi, Libero De Rienzo, Stefano Fresi, Lorenzo Lavia, Pietro Sermonti, Neri Marcorè) per questa commedia molto divertente, ma anche molto feroce contro chi (non) ci governa e contro l’insana dinastia dei baroni universitari, perfidamente sbeffeggiati dall’impareggiabile Sergio Solli.
Finalmente un film che apre uno spiraglio di speranza sulla possibilità di sopravvivenza del buon cinema all’italiana, originale e divertente, ormai vistosamente latitante. Un film che dovrebbe essere imposto in prima visione ai nostri “superdistratti” politici che fingono di non vedere, o comunque non fanno nulla per evitare che i nostri giovani e più fervidi cervelli debbano scendere a compromessi semplicemente per sopravvivere.
La soluzione, divertente e surreale, l’ha invece trovata Sibilia che, per dare una svolta alla vita di un manipolo di ottimi superlaureati che sbarcano il lunario lavando piatti nei ristoranti cinesi, alle pompe di benzina, ai tavoli clandestini di poker, li fa riunire in una banda criminale che guadagnerà “legalmente” palate di milioni. Tutto parte da Pietro (Leo), trentaseienne genio della ricerca molecolare licenziato per i tagli all’università, che decide di produrre su vasta scala una superdroga sintetica dai poteri strabilianti che la legge non può proibire. Per gestire la nuova impresa criminale riunisce i suoi più cari amici, super competenti in macroeconomia, neurobiologia, antropologia, lettere classiche, archeologia. “Soliti ignoti” moderni, che affronteranno il crimine con l’esilarante goffaggine di una moderna “banda degli onesti”.
«L’idea mi è venuta nel 2010 leggendo su un quotidiano di certi netturbini-filosofi laureati con 100 e lode che mentre spazzavano le strade di Roma discutevano della Critica della Ragion Pura – racconta Sibilia, che ha curato al massimo la sceneggiatura con Andrea Attanasio e Andrea Garello -. Le prime pagine dei giornali parlavano dei tagli alla ricerca che mettevano sulla strada molti quasi quarantenni senza altre prospettive di lavoro. Nessuno sembrava accorgersi del paradosso che le persone più intelligenti del paese venivano messe ai margini. E se avessero deciso di ribellarsi? Di coalizzarsi?».
Ne è nata questa esilarante banda di geniali nerd che usano la neurobiologia per infilarsi in uno strano buco legislativo tutto italiano, quello delle smart drugs. Un fenomeno pericolosissimo e poco conosciuto che solo nel 2012 ha fatto scoprire in Italia oltre 240 nuove sostanze stupefacenti non considerate illegali perché non iscritte nell’elenco ufficiale delle molecole illegali del Minstero della Salute. «Il mio intento però era far divertire» ci tiene a precisare l’autore. E c’è pienamente riuscito, sfornando una commedia acida, parodistica e ultra citazionista in cui il dramma sociale viene ripreso solo come espediente comico. «Siamo partiti dalla realtà come si faceva nella commedia all’italiana – spiega Sibilia – e ci siamo lasciati contaminare dal cinema americano contemporaneo». Un progetto che è dunque andato in porto grazie al “piccolo” produttore Matteo Rovere, che si è associato al “grande” produttore Procacci della Fandando, sempre attento all’originalità, con l’aiuto del Ministero e di Rai Cinema e degli esercenti che, fedeli al progetto “Adotta un giovane autore”, hanno (finalmente) assicurato al film un bel numero di anteprime e tutto il necessario supporto promozionale.