L’universo esuberante e magico di Fernando Botero torna a conquistare i visitatori della suggestiva, imperdibile mostra che Roma dedica al grande artista colombiano a un anno dalla morte. Oltre 120 opere tra dipinti, acquerelli, sanguigne, carboncini, sculture e alcuni straordinari inediti, che raccontano oltre 60 anni di carriera, sono esposti dal 17 settembre a Palazzo Bonaparte. L’esposizione, prodotta e organizzata da Arthemisia, curata dalla figlia dell’artista Lina Botero e dall’esperta Cristina Carrillo de Albornoz, occupa due piani dello storico palazzo affacciato su piazza Venezia. Opere di grandi dimensioni che rappresentano la sontuosa rotondità dello stile dell’artista, con effetti tridimensionali e colori accesi e vibranti. Le forme monumentali dei suoi soggetti e le fisicità corpulente sono da sempre il suo marchio, che ha reso il suo stile unico e immediatamente riconoscibile. Botero rappresenta sulle sue tele l’opulenza delle forme, che è anche ricchezza e vita. Un universo inventato e poetico che affonda le radici nella sua Colombia. La natura esuberante, l’amore, la musica, la politica, le classi del potere danno forma alla storia del suo Paese: “Nel dipingere cerco tutto questo tra i miei ricordi e lo reinvento nel mio studio, dandogli nuova vita, nuovi colori, forme esagerate”, spiegava.
Botero attinge ai classici della storia dell’arte, soprattutto rinascimentale, reinterpretati in maniera assolutamente personale. “L’arte – diceva- è la possibilità di ricreare la stessa opera in modo differente”. La mostra si apre con un’opera mai esposta prima: Omaggio a Mantegna, proveniente da una collezione privata americana recentemente scoperta da Lina. Alcune delle sue versioni più celebri tratte da opere dei grandi maestri sono esposte nella prima sezione della mostra, tra cui La Menina (La damigella d’onore) che cita Velàsquez, El Diptico, ispirato a Piero della Francesca, El Matrimonio Arnolfini, che riprende Jan van Eych, Maemoiselle Rivière, ispirato a Ingres, La Fornarina, citazione di Raffaello, El retrato de so Burgueses, che riprende Rubens.
Tra i temi ricorrenti le nature morte, le corride, il circo. Affermava di essere “a volte credente, a volte agnostico” plasmando i ritratti dei vescovi e traendo ispirazione dall’arte sacra del Quattrocento italiano, sfidando la tradizione e le convenzioni.
Non mancano in mostra le sculture di piccole dimensioni, che invogliano a percorrere alcune vie del centro della capitale dove troneggiano alcune magnifiche, gigantesche sue creazioni. Da non perdere i bozzetti, gli schizzi preparatori, i disegni.