La genesi del porno, la caduta, l’incredibile successo di un film sporcaccione ma divertente, naif ma anche “chic” (il termine fu usato dal New York Times, non sapendo che, nel tempo, il termine sarebbe stato sulla bocca scriteriata di tutti, per descrivere una festa o anche una coppia di stivaletti carissimi…), le vertenze giudiziarie, gli opinionisti, l’epilogo. In breve e in modo fin troppo accattivante Fenton Bailey e Randy Barbato ripercorrono con uno stile documentarista la storia del primo film per adulti che portò nelle sale americane milioni di persone e non solo maschi americani repressi, ma soprattutto quella borghesia newyorchese a caccia di sensazioni forti, legittimata dall’inconsapevole marketing del prestigioso quotidiano. Linda Lovelace e il suo partner Harry Reems, ognuno usando meglio la sua parte migliore per godimenti non procreativi, divennero l’emblema della libertà e delle pratiche orgasmiche vecchie come il mondo, ma sdoganate come nuove frontiere del piacere. Il regista Gerard Damiano, ormai invecchiato, racconta come si arrivò al progetto, come venne messa in piedi una piccola produzione da poco più di ventimila dollari che ne frutto seicento milioni, la scelta dei protagonisti e intorno una ridda di romanzieri o star mediatiche, da Camille Paglia a Norman Mailer, passando per la sempre verde Erica Jong e “Mr.Playmate” Hugh Hefner che ricordano l’impatto che ebbe sulla mentalità americana lo straordinario successo di un film maker con la faccia da barbiere ancora non cosciente di aver creato un nuovo mercato mondiale: quello pornografico.
Le discettazioni sull’amministrazione Nixon che boicottò l’oscena pellicola, la faccia tonta di un procuratore molto bigotto, il tutto negli ottantanove minuti, arriva sotto veloci pillole di saggezza, non c’è la possibilità di annoiarsi, ma, forse, nemmeno di capire appieno come l’americano medio veda nelle parole di ogni singolo presidente, se repubblicano, meglio ancora, le tracce di un’autorità morale presunta quasi papista (ed infatti solo così si spiegano le roventi polemiche su Clinton/Monica Lewinsky, che trent’anni dopo riproponevano lo stesso schema Gola Profonda riveduto e corretto anche coi sigari e scherzetti sotto la poltrona presidenziale). Anche se il finale cede verso le miserie di un oggi che ha dimenticato l’ebbrezza di un anno fantastico, il 1972, e in modo supponente e in pochi minuti fa la storia di questi ultimi trent’anni e passa, la conversione della Lovelace e la sua morte tristissima, i problemi di alcool e droga e giudiziari dell’attore che niente aveva ed ha da invidiare al nostro Rocco Siffredi e il tracollo del bagarinaggio hard- core nelle sale cinematografiche, ora che i filmetti porno si scaricano dalla rete e si costruiscono meticolosamente nella propria camera da letto, il ritmo è sempre sincopato, simpatico, da lecca lecca succulento. Non dunque documentario classico, ma documentario appunto “chic”?
di Vincenzo Mazzaccaro